Il numero di questo mese della rubrica #StreetviewReview è dedicato ad alcuni dei protagonisti della notte degli Oscar. Queste personalità hanno ricevuto, nelle diverse categorie in cui erano candidati, quello che è senza ombra di dubbio il riconoscimento più ambito per tutti coloro che lavorano nel mondo del cinema guadagnandosi di fatto un posto nella storia al fianco di tanti altri mostri sacri. Non si tratterà ovviamente di un resoconto della cerimonia ma semplicemente di un omaggio (dovuto) a queste importanti figure.
UNA TEORIA DA OSCAR L’interpretazione di Eddie Redmayne (premiato nella categoria “Miglior Attore Protagonista”) nel film ‘La Teoria del Tutto’ è qualcosa di davvero impressionante, si tratta di quel genere di cose che ti fa amare il cinema e ti fa apprezzare il lavoro e il talento di un attore che cura anche i minimi dettagli fino a diventare fondamentalmente lui stesso il personaggio che deve interpretare. Inglese e con le lentiggini “alla Robert Redford”, quello di Redmayne è un talento esploso improvvisamente come un fulmine a ciel sereno: tanto teatro agli esordi, qualche apparizione in TV e poi alcuni ruoli in diverse produzioni cinematografiche più o meno importanti (tra cui ricordiamo ‘Les Misérables’) prima della consacrazione definitiva nei panni di Stephen Hawking. Generalmente l’Oscar rappresenta il punto più alto nella carriera di un attore, noi però siamo pronti a scommettere che per Redmayne si tratti solo dell’inizio di una carriera lunga e ricca di soddisfazioni.
LA QUINTA VOLTA E’ QUELLA GIUSTA Il premio per la “Miglior Attrice Protagonista” è invece andato a Julianne Moore e qui il discorso è abbastanza diverso da quello fatto per Redmayne. Con una carriera iniziata più di venticinque anni fa, l’attrice statunitense ha fatto incetta di nomination e di premi prestigiosi ma l’ironia del destino ha voluto che il suo ricchissimo curriculum si portasse dietro una macchia per tutti questi anni: la mancata vittoria dell’Oscar. Dopo quattro candidature senza vittoria però questa “maledizione” si è interrotta proprio lo scorso 22 febbraio quando la Moore è riuscita a portare a casa la statuetta per la sua interpretazione in ‘Still Alice‘. Stra-favorita sin dall’uscita delle candidature, l’annuncio della vittoria dell’attrice di film come ‘Hannibal‘ e ‘Il Fuggitivo‘ è stata poco più di una formalità che ha finalmente eliminato quella fastidiosa e immeritata macchia sul suo curriculum.
UN OSCAR A RITMO DI MUSICA A trionfare nella categoria ‘Miglior Attore non protagonista’ è stato invece J.K. Simmons. Una vita cinematografica da “attore di supporto”, molti lo ricorderanno sicuramente per il ruolo del saccente J. Jonah Jameson nella prima trilogia dedicata al personaggio di Spiderman. Ma l’attore originario di Detroit è molto più di questo. Veterano del grande schermo e uomo di punto del piccolo (è stato protagonista della serie ‘The Closer’, molto amata negli USA), Simmons ha lavorato con alcuni dei maestri del cinema come i fratelli Coen e Woody Allen e si è aggiudicato la statuetta per la sua interpretazione in ‘Whiplash‘ vestendo i panni di un personaggio che è stato più volte paragonato al sergente Hartman di ‘Full Metal Jacket‘. Una figura “negativa” che ha esaltato però le grandi doti interpretative dell’attore 60enne. Del resto si sa, il fine giustifica i mezzi.
12 ANNI E UN PREMIO Tra le tante pellicole in gara è spiccata subito la particolarità di ‘Boyhood‘, film scritto e diretto da Richard Linklater e girato in 12 anni (dal 2002 al 2013). Agli Oscar però l’unica a trionfare per questa pellicola è stata Patricia Arquette che, con la sua interpretazione nei panni di Olivia Evans, ha vinto il premio nella categoria ‘Miglior attrice non protagonista’. Già vincitrice del BAFTA, del Golden Globe e di altri importanti riconoscimenti per questo ruolo, la vittoria dell’Academy Award ha consacrato ufficialmente l’attrice etichettando la sua performance come il fiore all’occhiello di tutto il film. Patricia Arquette, conosciuta al grande pubblico soprattutto per il serial ‘Medium‘ vanta già una filmografia ricchissima ma è probabile che proprio la vittoria dell’Oscar potrà darle quella credibilità davanti al pubblico e agli addetti ai lavori utile a segnare una svolta decisiva nella sua carriera.
MESSICO, GLI ANNI D’ORO Il Messico fa il bis. Dopo la vittoria dello scorso anno di Alfonso Cuarón con il film ‘Gravity‘, il premio ‘Miglior Regista’ di questa edizione è andato a Alejandro González Iñárritu, altro cineasta messicano. Sceneggiatore, produttore e regista di ‘Birdman‘, il grande successo della pellicola, che ha vinto ben quattro premi Oscar, passa inevitabilmente dalle mani di questo regista. Dopo aver diretto altre celebri produzioni come ‘21 grammi‘, la notte degli Oscar è stata un vero e proprio trionfo per il regista sudamericano se si considera che oltre al premio per la regia è arrivato anche quello per il ‘Miglior Film‘. Tutti riconoscimenti che coronano il duro lavoro di Iñárritu dietro ad un film molto particolare come ‘Birdman‘ e che incrementano le aspettative sui suoi prossimi lavori, a partire da ‘The Revenant‘, nuova pellicola a cui sta lavorando il regista messicano che vedrà Leonardo Di Caprio nei panni del protagonista.
ITALIANS DO IT BETTER Non ci sarà stata l’attesa (con la successiva soddisfazione) di scoprire se ‘La Grande Bellezza’ avesse portato a casa il premio come ‘Miglior Film Straniero’ come accaduto nella scorsa edizione, ma un pezzo di Italia c’è stato anche in questi Oscar. A ritirare il premio sul palco del Dolby Theater per i ‘Miglior Costumi‘ è stata la torinese Milena Canonero per il lavoro fatto in quella piccola perla cinematografica che è ‘Grand Budapest Hotel’ di Wes Anderson. La costumista è una vera e propria eccellenza italiana, avendo lavorato con alcuni dei registi più importanti della storia del cinema (Stanley Kubrick su tutti) ed essendo riuscita a portare a casa la sua quarta statuetta su nove candidature ottenute nel corso della sua carriera. In un periodo di alti e bassi per il cinema italiano, lo splendido lavoro della Canonero riconosciuto in tutto il mondo rappresenta un orgoglio per tutti coloro che in fondo credono che anche il nostro paese possa ancora dire la sua in fatto di cinema. Parola di quattro Oscar.
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