Cinema Anteo, Milano. 17 Marzo 2015. Ore 12.15. Inizia ad arrivare, per la Conferenza Stampa, il cast internazionale dell’ultima pellicola della regista, nonchè scrittrice romana, Cristina Comencini, figlia del celebre Luigi: Latin Lover.
Una pellicola che sa di riscoperta di una tradizione, di un’epoca cinematografica italiana (quella tra gli anni ’50 e ’70) che è stata modello e ispirazione per il Cinema d’oltreoceano. Da Mastroianni a Gassman, da Sordi a De Sica questi i nomi tanto celebrati e tutt’oggi simbolo di un vissuto artistico italiano importante e impossibile da dimenticare. Ma se da una parte c’è questa rievocazione di miti, ormai leggende maschili che meritatamente sono state innalzate come pilastri di una, forse ormai compianta, maniera di fare Cinema tanto diversa da quella odierna, dall’altra si cerca di nobilitare la figura femminile che, ingenuamente, è stata messa in secondo piano di fronte alle carismatiche figure maschili.
E proprio le donne in questa film daranno vita ad una commedia corale tragicomica che annovera tra le interpreti (oltre le italiane Angela Finocchiaro, Valeria Bruni Tedeschi e la compianta Virna Lisi, scomparsa il 18 dicembre scorso) la elegante e alquanto brava attrice spagnola Marisa Paredes (una delle tre Muse di Pedro Almodovar, nota per film come Tacchi a spillo, Tutto su mia madre, La pelle che abito) e la connazionale Candela Pena, nonchè le giovani Pihla Viitala e Nadeah Miranda.
Il primo ad arrivare in solitaria però è Neri Marcorè, uno dei pochi interpreti uomini nella commedia, che vede tra le comparse gli attori spagnoli Jordi Mollà e Lluìs Homar (entrambi presenti alla conferenza stampa) e gli italiani Claudio Gioè e Francesco Scianna (che interpreta l’attore divo di cui si celebra il decennale della morte e fulcro attorno a cui ruota l’intera vicenda rappresentata).
In questo articolo cercheremo di raccontarvi come si è svolta la Conferenza e le interessanti risposte della regista e dei membri del cast. Degne di nota le presenze del produttore Lionello Cerri, portavoce della casa di produzione Lumière & Co., e del direttore della fotografia Italo Petriccione (noto per la sua costante collaborazione con Gabriele Salvatores), nonchè il ricordo, il pensiero ad una grande attrice quale era Virna Lisi.
Cristina Comencini – Questo è un film coralissimo. L’idea del film nasce dalla voglia di raccontare la relazione tra le donne, figlie, mogli con una figura mitica d’uomo. Mischiare la figura lontana di quest’uomo con la lontananza divistica, dello schermo, facendo insieme a questo discorso sulle relazioni un discorso anche sul cinema. Poi con Giulia Calenda (sceneggiatrice insieme alla Comencini) questo era soltanto l’inizio del soggetto, lo abbiamo sviluppato in una commedia. Pensavamo che il registro migliore fosse quello, perchè l’idea di fondo era di suscitare la libertà, come la suscita il cinema e come in fondo il cinema influenza questo film. La grande fortuna per me e di questo film è stata di avere un cast straordinario, cioè di poter con ogni attore e attrice, precisare il carattere di ognuno, in modo che venisse fuori un’umanità intera, di questa famiglia che Virna definisce intercontinentale e che tra l’altro mette insieme tutto il cinema europeo. Penso che questo sia uno dei film in cui ho seminato la grazia, e penso che essa si senta soprattutto nella capacità di ogni attore, attrice (qui ricordo il fatto che c’era Virna che ha dato molto di sè), nella vitalità che ognuno di loro ha saputo esprimere in questa storia.
La domanda è di carattere più che altro tecnico, dato che è una commedia e ci sono dialoghi molto serrati, quanta importanza è stata data all’improvvisazione da parte degli attori o meno, secondo uno stile narrativo prestabilito (MyReviews)
Giulia Calenda (sceneggiatrice) – Tutto scrittissimo per un fatto tecnico proprio, perchè la maggior parte degli attori non parlava italiano, quindi hanno dovuto imparare la loro parte. Questo è un film molto scritto ed è stata rispettata la scrittura, molti film si cambiano anche in corsa, questo no. Poi ci sono un sacco di aggiunte, code, soprattutto nella Commedia accade sempre qualcosa che non ti aspetti.
Lionello Cerri – Si è lavorato molto sulla sceneggiatura del film. Molti attori spagnoli sapevano un po’ di italiano quindi siamo stati facilitati. Non c’è stata improvvisazione e, rispetto a questo, credo che il lavoro poprio di armonia e collegialità che si è vissuto sul set si è visto e sta andando avanti.
La cosa più preziosa del film è che si ponga come atto d’amore nei confronti di una stagione indimenticabile del Cinema italiano, di cui vengono chiaramente citati alcuni capolavori. Allora vorrei sapere qual è il rapporto di Cristina, che porta nel cognome una relazione parentale con quella stagione, ma anche di un attore come Jordi Mollà, che ha dichiarato di essere molto legato alla stagione d’oro del film italiano e quali siano le zone d’ombra che vengono svelate nel film.
Cristina Comencini – E’ il Cinema da cui veniamo tutti, non solo gli italiani, tutto il mondo viene da quel cinema. Non è un film nostalgico, io volevo far capire come erano grandi loro nella loro epoca, liberi di fare cinema di tutti i tipi, e il viatico più grande che dobbiamo avere da loro è la capacità di essere liberi.
Questo grande Cinema era grande ma lasciava fuori molti fuoriscena, forse noi li stiamo raccontando. Dunque ho tirato fuori questi personaggi e ho fatto vedere la loro grandezza; più lui (il divo Saverio Crispo nel film) è piccolo nella sua vita privata, più le donne nelle loro scene diventano grandissime: la loro vita, quello che hanno vissuto, i loro dolori, le loro gioie, le loro risate riempiono lo schermo di un nuovo Cinema.
Jordi Mollà – Io ho imparato l’italiano per colpa di questi film, volevo capirli meglio. Non mi bastavano i sottotitoli perchè mi sembrava di non capirli appieno. Volevo capire Fellini, Pasolini, Visconti, De Sica e tanti altri. Mi sembrava di voler vivere i loro film in prima persona e forse ho deciso di fare l’attore per colpa loro e io sono spagnolo, non italiano. Questo film è un omaggio a tutto questo; ho detto a Cristina sì non per il personaggio, ma per un film, per un’epoca, un profumo con cui mi sento completamente identificato. E’ stata una gioia essere dentro quel sogno che avevo dall’età di sedici anni e mi è sembrato di rivivere un film di quei tempi.
Com’è stato lavorare con Virna Lisi che, vedendola nel film, ha quella grazia tanto cara a Cristina?
E’ un film che parla molto del rapporto tra sorelle e se ne avete come vi siete identificate/i?
Cristina Comencini – Per me era l’ennesimo film con Virna e ho sempre proiettato su di lei il personaggio della madre, la madre italiana che ha la volontà di tenere unita la famiglia, ma noi capiamo che dietro ha avuto molte percezioni di dolore, di verità, di risate. In questo film è come se avesse detto ora ci ubiachiamo e ora io vi racconto veramente cosa c’era dietro tutto questo. E’ stata grande in questo film e il dolore per la sua scomparsa è grande.
Sono dell’idea che le sorelle sono una metafora del rapporto tra le donne. Ci sono le sorelle, ma anche i rapporti tra le figlie e le due madri. La sensazione che si ricava dal film, anche dopo gli antagonismi presenti, è che questa unità nella risata, nella tragedia, è la forza, il senso di non aggressione rispetto all’uomo; vi è la sensazione che stiano tutte nella stessa barca, e questo con le loro differenze.
Marisa Paredes – Anche io ho una sorella più grande. C’è stata sempre la complicità come la guerra tra noi due. C’era invidia naturale tra noi, io volevo quello che aveva lei, mi piaceva ciò che indossava lei.
Ma alla morte di mia madre lei ha preso il suo ruolo e allora per me la guerra è finita e adesso siamo assolutamente indispensabili l’una per l’altra.
Pihla Viitala (nel film Solveig, una delle figlie) – Per quanto riguarda Virna Lisi mi ha raccontato tante storie, tanti aneddoti di attori, registi e momenti che ha vissuto, un esempio quello con Frank Sinatra. Sono momenti segreti e non ve li posso raccontare, ma sono davvero felice di aver ascoltato i ricordi di questa grandissima attrice. Grazie Virna. Io ho tre sorelle, quindi non è stato così difficile per me immedesimarmi nella situazione del mio personaggio.
Neri Marcorè – Questo è un film che sovverte gli schemi classici, crea delle dinamiche tra tutte queste donne diverse, quindi ha un’originalità molto bella e preziosa. Sono stato contento di farne parte.
C’è una scena molto bella in cui Segunda (una delle figlie) rivela al personaggio di Jordi (nella pellicola il marito) che forse è proprio lui l’uomo oggetto. Vi è una rivincita delle donne. E’ un tratto tematico molto importante del film, che si discosta da quel grande cinema a cui eravamo abituati.
Angela Finocchiaro – Dopo aver avuto queste tradizioni, queste radici che sono quelle che ci formano, queste identità, a questo punto il Cinema si affranca e cerca di liberarsi, come diceva Cristina, in un modo migliore si spera. Probabilmente la nostra generazione non lo vedrà, ma la prossima si e invece è di un cinema che partendo da quella alimentazione, da quella linfa vitale si apre, proprio come queste donne rimettono un po’ a posto la loro vita.
Cristina Comencini – A me viene da ridere quando si dice che è un film molto al femminile, perchè quando ci sono tanti uomini non si dice un film molto al maschile. Questo atteggiamento viene notato solo quando ci sono le donne; non solo nel cinema le donne non stavano da nessuna parte, e quindi è chiaro dunque che anche in questa professione fossero con quei ruoli. E’ la prima volta nella storia, non nel cinema, dell’umanità in cui si rappresentano nell’arte le donne accanto agli uomini al centro. Allora vorrei che non si dicesse più un film al femminile ma semplicemente un film, ma per questo ci vorrà ancora un po’ di tempo ancora.
Una domanda rivolta al protagonista maschile presente-assente nel film (interpretato da Francesco Scianna); come ci si sente ad essere un protagonista che si trova ad essere altri?
Francesco Scianna – Si parla sempre del protagonista Saverio, quindi in un qualche modo ricorre sempre. Io mi sono divertito, è stata una sfida eccezionale. Riuscire a rendere credibile un personaggio di questa forza con lo spazio che ha non era semplice. Per un attore è divertentissimo passare da un registro all’altro, una sorta di palestra emotiva. L’intuizione geniale di Cristina è stata quella di seguirmi con la camera anche per esempio in camerino, al trucco perchè quello è lo spirito del personaggio, sentirsi sempre la camera addosso, il bisogno di questa attenzione. Io l’ho vissuta come una grande gioia, non sento il peso della presenza di questo personaggio, è la presenza di questo che è perfettamente orchestrata anche all’interno di queste donne, perchè lui c’era sullo schermo ma poi era assente in qualche modo. Ha un equilibrio perfetto.
Lluís Homar – Io sono veramente felice perchè è stato un regalo la possibilità di incarnare questo personaggio, anche solo per la lingua perchè avevo recitato in catalano, inglese ma mai in italiano che è la lingua che mi piace di più. Allo stesso tempo mi piace molto il personaggio di Pedro che interpreto.
Il fatto di avere questa parte nascosta bisessuale e rappresentare così questa parte femminile in una personalità maschile, penso sia stato divertente e necessario per questa idea di famiglia e liberazione per guardare veramente le cose come sono e non solo in apparenza.
Italo Petriccione (direttore della Fotografia) – Finalmente ho avuto l’occasione di fare qualcosa in bianco e nero. Quando Cristina mi ha detto di fare tutto il repertorio di Saverio ripescando dalla tradizione precedente ci siamo messi a lavorare sul colore, le caratteristiche delle varie epoche (’50, ’60, ’80). Si è creato sui set la voglia di andare in profondità alle cose, con gioia, determinazione. Abbiamo corso molto, ma l’entusiasmo di Cristina ci ha portato a conquistare questo obiettivo e questo è stato l’elemento fodamentele. L’occasione di illuminare un cast femminile non penso mi ricapiti frequentemente, ma soprattutto avere un collettivo di attori e di tecnici tutti mirati ad uno scopo finale comune.
Dalla fotografia in bianco e nero ad una voce molto bella, molto calda, non solo una voce del dna ma una voce importante per questo film. Come ti sei trovata Nadeah Miranda data la non conoscenza della lingua e magari qualche difficoltà in più?
Nadeah Miranda – Un’esperienza straordinaria quella di lavorare in una situazione dove si parlava francese, italiano, inglese, spagnolo; c’era molta confusione. Mi sono trovata circondata da attori di grande talento da Virna Lisi a Marisa Paredes. Io sono immensamente grata a Cristina di avermi dato questa opportunità e di avermi fatto gettare lo sguardo in un mondo che non conoscevo.
Una domanda a Marisa Paredes; ricordando la sua filmografia precedente e la sua collaborazione con Pedro Almodovar che l’ha definita una delle sue tre muse, cosa ha cercato di portare nel suo modo di interpretare il personaggio dalla tradizione spagnola? (My Reviews)
Marisa Paredes – Volevo portare naturalmente un po’ lo spirito spagnolo, ma senza mai arrivare al clichè, perchè con questo abbiamo parlato con Cristina. Era pericolosissimo cercare di fare troppo, per me è stata una grande gioia fare una commedia; io sono solita fare il dramma, e quindi inevitabilmente piango e devo mettere in scena una grande disperazione. Non vedevo l’ora di farla e con questo cast fantastico è stata una gloria; lavorare con Virna è stata una straordinaria esperienza.
Un’ultima domanda al produttore; come è nato questo film?
Lionello Cerri – Quando Cristina Comencini ce lo ha proposto, abbiamo discusso molto sulla sceneggiatura e abbiamo capito che era un cinema che volevamo fare a tutti i costi. E’ un film che sta all’interno del cinema italiano come una parte molto importante, perche è un cinema di storia, di regia, di attori e può rappresentare un modo di dire, un pensiero, un modo di fare e a noi piace raccontare delle storie anche con la dolcezza, con la commedia, non solo col dramma. Abbiamo incontrato difficoltà dal punto di vista produttivo e vorrei fare i miei complimenti a Cristina Comencini che non è soltanto una regista, potrebbe essere una persona che si occupa di produzione, conosce tutti i mestieri del cinema e riesce a metterti in una condizione di portare a casa un prodotto. Sin questo momento il cinema italiano ha bisogno di incontrare il proprio pubblico e soprattutto incontrare quel pubblico che, certe volte per presunzione, non arriva ad affacciarsi ad un certo tipo di cinema.
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