Presso il Cinema Adriano abbiamo incontrato Stefano Sollima, regista di Suburra (nonché di Romanzo Criminale – La Serie, Gomorra – La Serie e del lungometraggio ACAB) insieme agli interpreti principali del film Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola, Elio Germano, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Gorietti.
Che Suburra sia un progetto ambizioso, si capisce fin da subito. Definito immediatamente come massimo sforzo possibile del cinema italiano oggi come oggi, roba da oltre sette milioni di euro, in cantiere da molto tempo. Abbiamo cominciato a lavorare al progetto 3 anni fa – afferma infatti Sollima – basandoci su un genere che potesse rendere il film meno realistico e meno cronachistico, ma più allegorico e simbolico. Suburra infatti racconta una storia inventata, ma i recenti fatti di cronaca sulla città di Roma, dallo scandalo di “Mafia Capitale” alla recentissime dimissioni del sindaco Marino, non hanno fatto altro che alimentare possibili ipotesi di parallelismi, oltre che donare molteplici interpretazioni alla pellicola stessa. Suburra è un racconto – aggiunge il regista – su una città e sul potere, racconto che puoi rideclinare tranquillamente nel tempo, una “bella” coincidenza che testimonia la verità che sottende al racconto di base.
Se dunque Suburra non è un film canonico, come possiamo davvero inquadrarlo? Le definizioni si sprecano, da noir-metropolitano un po’ spinto all’anacronistico western metropolitano. I pareri convergono su un punto, siamo di fronte ad una pellicola di denuncia universale ed internazionale. Un film senza eroi positivi, in cui stavolta non arriva nessuno a salvare il nostro Paese. Suburra è un film che non salva nessuno. E’ stata dunque una doppia sfida, raccontare il male dall’interno cercando di capirne l’umanità, oltre al fatto di riuscire a capire sei il cinema si presti a raccontare bene realtà così cupe così come hanno fatto le serie televisive.
Claudio Amendola, che nel film interpreta “Samurai”, enigmatica personalità erede della Banda della Magliana che fa da collante tra le varie famiglie criminali di tutta la penisola, riassume il suo personaggio così – Il lavoro sul personaggio è stato abbastanza chiaro – sentenzia – Abbiamo dato normalità ad un personaggio terribile, apparentemente immobile, ma che in quell’immobilità ha una forza. Perché Samurai spaventa? Fa paura perché potresti incontrarlo ovunque.
Elio Germano invece preferisce raccontarci qualche aneddoto sui costumi del suo personaggio, Sebastiano. Ero costantemente rinchiuso in questi abiti attillati, non è stato facile – commenta scherzando. Spostando l’attenzione sul film, aggiunge – racconta una degenerazione comune, il cercare di riempirci dell’immagine che proiettiamo sugli altri, della posizione che riusciamo ad ottenere. Inoltre si perde la figura del criminale come mestiere etico, non hanno più un loro codice di comportamento, nella loro essere criminali.
Non ci sono più i criminali di una volta – ribadisce scherzosamente Amendola
Sulla stessa linea di Germano, l’altro protagonista assoluto Pierfrancesco Favino, che nel film interpreta il parlamentare corrotto Filippo Malgradi, invischiato nel progetto Waterfront insieme alla criminalità di Ostia nella sua continua brama di potere e di una “poltrona”. Suburra parla della cultura della soddisfazione personale. Ognuno fa per sè e tenta di massimizzare per se stesso. Quando si parla di potere si parla di qualcosa di complicato, cosa sei disposto a vendere per avere ciò che pensi ottenere, e cos’è quello che vuoi davvero ottenere.
Molti dei complimenti sono anche per il resto del cast, meno “blasonato” e “famoso”, ma dalla grande resa sullo schermo e dal grande talento. D’altronde, non c’erano molti dubbi sul fatto che Sollima curasse quasi personalmente ed in modo certosino i casting per i proprio film.
Sostengo – dichiara il regista romano – che ci siano due cose fondamentali in un racconto cinematografico: attori e sceneggiatura. Devo essere sicuro che queste due parti siano perfettamente a punto. Vado a cercare gli attori con un lavoro enorme che richiedo ai miei collaboratori, ciò ti consente di trovare talenti professionisti come altri pur non avendo chissà quale curriculum. Testimonianza di tutto ciò è il personaggio di “Numero 8”, capace di trasformarsi in un vero e proprio “Al Pacino del lungomare di Ostia”. Alessandro Borghi infatti, che ha avuto la grande fortuna di lavorare con il compianto Claudio Caligari in Non essere cattivo (che parteciperà alla corsa italiana per una nomination agli Oscar 2016), non ha chissà quali grandi trascorsi cinematografici, ma si è dimostrato un elemento di assoluta qualità all’interno sia della pellicola di Caligari che in quella di Sollima. Il personaggio di Numero 8, unico ad avere un sogno, un obiettivo, forse è per questo che spicca così tanto rispetto agli altri. Crede veramente in quello che sta facendo.
Dopo un controverso botta e risposta sul finale, da taluni ritenuti inadeguato, e risolto da Sollima con un lapidario è il finale più giusto, quello concepito nel modo più naturale possibile, e qualche chiacchiera sulla serie televisiva di Suburra, in arrivo su Netflix, ma di cui pochissimo ci è dato sapere (siamo all’inizio della produzione, non è ancora chiaro quali personaggi saranno approfonditi e quali torneranno), si arriva all’inevitabile riferimento alle recenti dimissioni del sindaco di Roma. A sbrogliare la questione ci pensa un romano doc come Claudio Amendola, che non usa mezzi termini – Lo dico, probabilmente vincerà il Movimento Cinque Stelle, e non sono un grillino, anzi. Il resto della politica, centro, destra, sinistra, ha perso credibilità e avranno bisogno di almeno un decennio per ripulirsi ed essere davvero ripresentabili. Ai romani dico, andiamo e sbrighiamoci a votare!
Ricordandovi che Suburra uscirà il 14 ottobre distribuito in 500 sale da 01 Distribution e prodotto da Cattleya e RAI Cinema, ringraziamo regista e cast per la grande disponibilità.
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