In Italia amiamo molto le polemiche, e non esitiamo a dividerci in fazioni per qualsiasi spunto che ci viene offerto dalla vita quotidiana, dallo sport fino ovviamente alla politica.
Perciò, leggere commenti quasi assolutamente positivi a un provvedimento normativo sembra quasi un evento raro, ma è ciò che è avvenuto con l’approvazione della legge delega per la riforma degli appalti in Italia. Come ha scritto su Twitter il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, infatti, finalmente gli attori protagonisti di questo ambito, “Governo, Parlamento, Anac, imprese” si sono messi “insieme per questa importantissima e innovativa riforma”.
Intervento necessario. La legge delega approvata il 14 gennaio scorso, da trasformare poi in decreto legislativo entro la metà di aprile, mette definitivamente in moto la seconda riforma degli appalti nel giro degli ultimi venti anni.
Era infatti il 1994 quando, sulla scorta delle inchieste di Tangentopoli, fu approvata la cosiddetta legge Merloni che, con i vari rimaneggiamenti, è sfociata poi nel Codice attualmente in vigore dal 2006.
Lo scenario attuale è differente, ma ancora una volta è dalla cronaca giudiziaria che è arrivata la spinta a procedere, visto che solo negli ultimi mesi le pagine dei giornali hanno raccontato di scandali e corruzione relativi all’Expo, a Mafia Capitale, al Mose di Venezia fino agli appalti dell’Anas. Ed è proprio dalla lotta a questa piaga che ha germogliato la riforma.
La lotta alla corruzione. Come ampiamente anticipato, e letto anche sul giornale del settore Appaltitalia, che ha dedicato ampio spazio alle notizie e ai rumors sulla legge delega, il vero cuore della riforma sarà nei nuovi poteri attribuiti all’Agenzia Nazionale Anticorruzione, l’organismo guidato dall’ex pm Raffaele Cantone: innanzitutto, l’Anac avrà maggiori possibilità di intervento anche cautelare, come il blocco in corsa di gare ritenute irregolari, e provvederà a compilare atti di indirizzo al mercato come pareri, linee guida e bandi-tipo che saranno vincolanti sia per le amministrazioni pubbliche che per le imprese.
Inoltre, l’Agenzia contribuirà concretamente a redigere la “soft law” attuativa che sarà alla base del nuovo Codice, gestirà il nuovo albo nazionale dei commissari di gara e qualificherà le stazioni appaltanti.
Nuovi criteri. È proprio Raffaele Cantone, in una intervista al Sole 24 Ore, a sottolineare un’altra importante novità introdotta con la legge delega, ovvero la qualificazione delle imprese sulla base di criteri “reputazionali”: secondo il Presidente dell’Anac, infatti, “la logica è di premiare non solo chi svolge bene il proprio lavoro, ma soprattutto chi si dimostra affidabile per la pubblica amministrazione. Le imprese che risulteranno affidabili e si comporteranno correttamente, saranno premiate”.
L’idea è di inserire un sistema per verificare il rating delle aziende e tenerlo in considerazione al momento del bando, così da poter dare un vantaggio a chi ha già dimostrato sul campo di saper rispettare i tempi e i costi delle consegne.
L’intervento del Tar. A proposito della questione requisiti tecnici si è recentemente espresso il TAR del Lazio che, con la sentenza 193 del 20 gennaio scorso, ha accolto il ricorso presentato da una società avverso alla procedura aperta da una stazione appaltante che, come si legge nel ricorso, aveva predisposto una lex specialis illegittima a causa del rilevante peso assegnato alle caratteristiche degli accessori propri di ciascun partecipante. Secondo il Tar, infatti, è da considerare illegittima la “previsione degli atti che indicono una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori con cui si prescriva che il punteggio per l’offerta tecnica presentata dai concorrenti tenga conto anche dei requisiti soggettivi degli stessi concorrenti”. In estrema sintesi, il tribunale laziale ha sancito che resta inammissibile la commistione tra i diversi e non amalgamabili requisiti in possesso di ogni concorrente, che determinerebbe una contrarietà ai principi di parità di trattamento delle previsioni della legge di gara.
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