Presso la Sala d’onore del Palazzo del CONI a Roma abbiamo incontrato il protagonista di Race – Il colore della vittoria, il film diretto da Stephen Hopkins sulla straordinaria storia di Jesse Owens, Stephan James. Insieme a lui il cronista sportivo Federico Buffa e l’atleta olimpica Fiona May, con cui abbiamo avuto occasione di parlare, oltre che del film, di sport, integrazione e lotta al razzismo.
Dopo una breve introduzione dell’opera, nel cui cast rientrano anche due Premi Oscar come Jeremy Irons e William Hurt, oltre a Jason Sudeikis nel ruolo di allenatore di Owens, viene lasciata la parola all’esperto di sport per eccellenza, a colui che, con i suoi libri e racconti televisivi, ci ha fatto appassionare agli eventi e alle figure sportive più rappresentative della storia. Federico Buffa, doppiatore del telecronista che a Berlino 1936 commenta le sensazionali gesta di Owens nel film, ci parla infatti della sua esperienza come un qualcosa di nuovo, insolito, ma che lo ha piacevolmente sorpreso. Non era facile parlare con l’enfasi del 1936 – esordisce – poi ho pian piano preso fiducia e coraggio e la posso reputare come la più bella esperienza degli ultimi venti anni. Ma c’è spazio, ovviamente, per l’analisi storica di un’Olimpiade che ha inevitabilmente segnato non solo l’atletica, ma l’intero panorama sportivo ed umano dell’epoca. Buffa ce la racconta, giustificando le esigenze produttive che hanno portato ad una versione più romanzata dei fatti, concentrato su una parte molto ridotta, ma significativa della vita di Jesse Owens. Il film comprende soltanto il periodo attorno alle olimpiadi del 1936, ma la vita di Owens è molto più complicata – e aggiunge, ricordando le controversie immediatamente successive ai 4 ori dell’atleta americano – basti pensare che ci vorranno 40 anni per sentir parlare di lui e quasi aspettare l’inizio del secolo per far riconoscere ciò che ha fatto.
Interrogato sul perché abbia scelto un ruolo difficile e delicato come quello di una figura come Jesse Owens, il protagonista Stephan James (alla seconda vera esperienza dopo l’esordio in Selma) risponde divertito – Perché no? – aggiungendo poi un analisi sul suo personaggio e su Owens stesso – Jesse Owens non è soltanto un eroe americano di colore, ma è un eroe mondiale e molte persone hanno guardato a lui come fonte di ispirazione come atleta e come essere umano.
E’ stata una grandissima esperienza di mettermi “nelle sue scarpe”, di entrare nei suoi panni – dichiara – Mi ha cambiato la vita. Il mio stesso personaggio di John Lewis in Selma è stato direttamente influenzato da personalità come Jesse Owens. Nel discorso di James c’è spazio però anche per l’attualità e per qualche riflessione su forme di razzismo a noi contemporanee – Oggi non siamo, ovviamente, nella stessa situazione ma se andiamo a guardare quello che succede, le proteste e le campagne contro la discriminazione razziale, ciò che è accaduto durante la cerimonia degli Oscar, ci rendiamo conto che non è assolutamente possibile tornare indietro, per tutto quello che Owens e tante altre persone hanno fatto con coraggio ed impegno. Ed è per questo che è importante raccontare storie come queste.
Sulla sua preparazione al ruolo inoltre chiarisce di non essere mai stato uno sportivo a livelli agonistici/professionistici e che dunque l’allenamento per entrare alla perfezione nel personaggio è stato impostato su livelli alti e molto intensi – La sfida è stata anche imparare a fare tutto ciò nello stile di Jesse Owens, uno stile particolare e peculiare. Imparare la partenza, lo stile di corsa, le emozioni che Owens provava e faceva vedere durante le corse – e, strizzando l’occhio alla campionessa italiana Fiona May, aggiunge – la cosa più difficile è stata il salto il lungo ed è per questo che esprimo grande ammirazione per chi lo pratica. La difficoltà non era soltanto nella prestazione fisica, ma anche nell’essere il protagonista del film, dovendo dunque imparare le battute dopo 14-15 ore di allenamenti.
Infine sui paragoni con Creed e altri attori di colore, e sul suo futuro (essendo appunto appena ventiduenne) dichiara – Ho visto Creed e ci ho trovato delle somiglianze, anche se lì il rapporto con l’allenatore è molto diverso, oltre ad esserci la figura del padre. Gli attori citati (Denzel Washington, Forest Whitaker, ndr) sono attori a cui ho sempre guardato con grande ammirazione. Non sono affatto al loro livello ma arrivare a metà di ciò che hanno ottenuto loro sarebbe fantastico. Racconta inoltre dell’ottimo rapporto avuto con il regista Stephen Hopkins, soprattutto nel grande aiuto che è riuscito a dargli nella visualizzazione dei vari effetti speciali e nelle fiducia che gli ha subito dato, utile per metterlo a suo agio in un ambiente sostanzialmente nuovo.
Ringraziando gli ospiti per la loro disponibilità vi ricordiamo che Race – Il colore della vittoria sarà nelle sale italiane dal 31 marzo distribuito da Eagle Pictures in 200 copie.
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