Dodici astronavi aliene atterrano simultaneamente sul nostro pianeta, distribuendosi su quasi tutte le zone della Terra. Si pensa ad un’invasione, ma nessun contatto giunge dalle navicelle, o meglio, nessuno è in grado di capire i pochi e confusi suoni che risultano dalle comunicazioni radio con gli alieni. Per decifrarne il linguaggio e capirne le intenzioni gli Stati Uniti decidono di arruolare la celebre linguista Louise Banks (Amy Adams) ed il fisico-matematico Ian Donnelly (Jeremy Renner), ma il tempo stringe e le tensioni internazionali fra i territori invasi si fanno sempre più forti.
A poco più di un anno di distanza dal discusso Sicario, capace di guadagnarsi tre nomination agli ultimi Oscar, Denis Villeneuve torna sul grande schermo (con una frequenza ben superiore ai primi anni 2000, bisogna ammetterlo), con un film fantascientifico quantomeno anomalo. Tratto dal romanzo Storie della tua vita di Ted Chiang, Arrival è l’evoluzione più giusta che ci si aspetta da questo tipo di cinematografia. Ci troviamo infatti di fronte ad un’opera complessa, profonda e dettagliata, lontano dai dogmi della fantascienza così come dai suoi cliché e dai suoi stereotipi fatti di astronavi, guerre e di alieni poco inclini al dialogo.
Il dialogo, mai così importante, mai così approfondito. Arrival ci mette infatti di fronte alla necessità di comunicare, di farci capire, di aprire un canale con una razza sconosciuta. Dodici silenti monoliti che rievocano 2001 Odissea nello Spazio si stagliano sopra dodici punti del nostro pianeta, caratterizzati da una colonna sonora grave e profonda, a tratti graffiante, talvolta disturbante, adatta per creare un ambiente di occlusione, mistero, ignoto. Così come nel kolossal kubrickiano il monolite era simbolo dell’intelligenza e dell’evoluzione, anche qui le dodici astronavi simboleggiano la nostra necessità di metterci in contatto con il “diverso” per arrivare ad un progresso, sintomo del fatto che non per forza chiunque ci venga a trovare, cinematograficamente parlando, debba per forza avere l’intenzione di mettere a ferro e fuoco il pianeta.
Mettendo in evidenza il dialogo Arrival evidenzia anche l’incapacità dell’essere umano di coltivarlo a causa della sua poca pazienza, del suo pressappochismo di fondo e della sua poca propensione alla collaborazione. L’uomo non conosce se stesso, l’umanità non è in grado di conoscere se stessa e, a livello individuale, conoscersi l’uno con l’altro. L’arrivo degli alieni e l’impellenza di trovare un modo per comunicare con essi diventa ben presto una corsa contro il tempo, oltre che un contrasto tra buonsenso e ragion di stato, fra arte della comunicazione e scienza. Le musiche, le ambientazioni ed il clima che la regia di Villeneuve riesce a creare all’interno della pellicola generano un senso di occlusione, talvolta di ansia e angoscia legate ai misteri della comunicazione, all’attesa di una risposta, al voler conoscere le intenzioni altrui. Attraverso lo snodarsi del film avviene una progressiva scoperta dell’altro, di quel diverso che temiamo perché appunto non conosciamo. Attraverso il linguaggio si dialoga, e attraverso il dialogo si conosce. Ma il dialogo, per essere tale, deve avere un medium comune.
La struttura del film è semplice, quasi basata su un alternarsi episodico di tentativi di comunicazione che diventano via via più pressanti e interessanti, una climax di tensione in cui, progressivamente, Louise e Ian e i loro due interlocutori alieni scoprono le carte in tavola. Il risultato è strabiliante, grazie ad una Amy Adams che, con la sua interpretazione, riesce a trasmettere un’incredibile empatia e “comunica” non solo con gli estranei ma con il pubblico stesso. Con Arrival emerge tutta la debolezza umana, l’incapacità di dialogo interno alla nostra razza malgrado l’era del “sociale” e dell’ “online”. Il film sa però andare anche oltre, quasi in un singulto filosofico che prende a piene mani da concezioni relativistiche del tempo e dello spazio. Strizza infatti l’occhio a quell’ Interstellar dove Christopher Nolan ha sapientemente giocato con i concetti di dimensioni, di spazio-tempo, di linearità e non linearità del tempo. Da qui riparte Arrival, dai ricordi, dalla mente, dal subconscio, dal passato e dal futuro alla ricerca di un presente in precario equilibrio. Attraverso Arrival e i suoi eptapodi l’uomo riscopre se stesso, capisce se stesso, ma non senza conseguenze.
Scheda Film
Titolo: Arrival
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Ted Chiang (racconto), Eric Heisserer
Cast : Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlgang, Tzi Ma
Genere: Fantascienza, Drammatico
Durata: 116′
Produzione: FilmNation Entertainment, 21 Laps Entertainment, Lava Bear Films
Distribuzione: Warner Bros. Italia, Sony Pictures Italia
Nazione: USA
Uscita: 24/11/16
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