Liz (Dakota Fanning) ha sposato un vedovo del piccolo paese in cui vive felicemente insieme alla piccola Sam, con la quale esercita l’attività di levatrice. La sua esistenza viene però turbata dall’arrivo di un nuovo predicatore, semplicemente noto come il Reverendo (Guy Pearce), che la accusa di essere responsabile della morte della figlia di una donna del paese durante il parto. Spaventata dal Reverendo, implora al marito di scappare. Quest’ultimo nasconde infatti un terribile passato.
A otto anni di distanza da Winter in Wartime, suo lavoro più famoso arrivato ad un passo dalla candidatura all’Oscar (non è riuscito a passare l’ultima selezione tra i 9 candidati finali), Martin Koolhoven torna a dirigere sul grande schermo. Fuori Concorso a Venezia 73, presenta un western-thriller dalle tinte horror diviso in quattro capitoli dalla denominazione biblica e dalla costante alternanza tra le linee temporali di presente, passato e futuro.
Brimstone si mostra fin da subito come un film lento e ragionato, conscio del tempo necessario per introdurre tutti i suoi temi e la brutalità di essi. Prostituzione, sfruttamento, sofferenza, punizione, castigo. L’opera riassume tutto ciò nel vasto concetto della retribution, ciò che Liz deve patire, ma anche ciò che Liz vuole infliggere. In questa duplice visione vittima-carnefice in cui i ruoli sono destinati a ribaltarsi il film inserisce una storia di dolore, enfatizzando una visione distorta e arcaica di un cristianesimo abominevole e terribile, radicato nei lati più bui dell’animo umano.
Questo perché Brimstone è un film volutamente blasfemo o che almeno vuole farsi considerare tale per il modo in cui affronta (in modo più che valido) i temi proposti. Il problema dell’opera non risiede infatti in questo, ma l’incapacità di narrare in modo coinvolgente e convincente le vicende, spesso perdendosi in una violenza gratuita che non rispecchia affatto una necessità narrativa ma è presente solo ed esclusivamente per comare un’infinità di vuoti narrativi. Perché oltre alla violenza, la punizione ed il castigo assistiamo ad un film vuoto dove i protagonisti non riescono a reggere il fardello di una narrazione lenta, compassata e spenta. Il mutismo della Fanning, che dovrebbe essere una peculiarità vincente del film, finisce per essere incredibilmente controproducente su un piano attoriale già molto depresso.
A nulla servono i minuti a schermo di un arrembante Kit Harington e poco incidono i minuti da vittima sacrificale di Carice van Houten. Con un Guy Pearce monotematico nel suo ruolo, si assiste a quasi 150 minuti estenuanti e logoranti. Musiche convincenti (di Junkie XL) non salvano una pellicola che altro non sa portare che violenza, nella condanna di una visione malata della religione. Non c’ approfondimento, non c’è thriller, forse non c’è neanche troppo western. La tensione è impalpabile, l’impatto sullo spettatore nullo. Tutto ciò non può che portare ad un finale scialbo, insapore, facilmente prevedibile, sintomo che a nulla vale il messaggio se povero di una solida base cinematografica.
Scheda Film
Titolo: Brimstone
Regia: Martin Koolhoven
Sceneggiatura: Martin Koolhoven
Cast : Dakota Fanning, Guy Pearce, Kit Harington, Carice van Houten, Emilia Jones, Jack Roth, Jack Hollington
Genere: Drammatico
Durata: 148′
Produzione: N279 Entertainment, Backup Media, X-Filme, Prime Time, Filmwave
Distribuzione: –
Nazione: Olanda, Francia
Uscita: –
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