La morte del presidente John Fitzgerald Kennedy è forse uno degli eventi più traumatici della storia degli Stati Uniti d’America, nonché una delle pagine più nere della sicurezza di Stato americana. Spesso si dimentica però che, dietro la straordinaria figura di JFK adorata dagli statunitensi, si celava una donna forte, carismatica, attiva come woman prima ancora che come first lady. Nessuno ha però mai potuto immaginare la sua sofferenza durante e dopo la brutale uccisione del marito, i momenti difficili, la perdita di un riferimento sia per lei che per tutti gli USA.
Che la storia dell’omicidio di JFK abbia scatenato teorie del complotto, congetture, ipotesi, il mondo della cinematografia ed il fervore dell’opinione pubblica è fuor di dubbio. Il cinema stesso si è speso in modo profuso per raccontare la tragedia di Dallas e le ripercussioni di tale evento a livello umano e sociale. Pablo Larraìn, reduce dall’Orso d’Argento nel 2015 a Berlino con Il Club (presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma), torna a dirigere con un progetto ambizioso spinto proprio da quel Darren Aronofsky che si reinventa produttore dopo aver portato, da regista, proprio Natalie Portman all’Oscar nel 2011.
Natalie Portman appunto, predestinata (anche per una incredibile somiglianza) nel dover interpretare Jacqueline Kennedy sul grande schermo. Ruolo non facile, all’interno di un film che si professa non-biopic ma che alla fine biopic è eccome. Difficoltà che si incontrano soprattutto nel dover lavorare su un personaggio che, malgrado l’indiscutibile importanza, non offre particolari spunti narrativi che possano prescindere in qualche modo dalle vicende del 22 novembre 1963. E’ proprio da questo evento che il film prende le mosse, oscillando tra post e pre mortem avendo come riferimento temporale un’intervista dell’ex first lady di qualche anno successiva ai fatti di Dallas, nella sua casa in Virginia. Il film segue una struttura leggermente confusionaria (sintomo di una sceneggiatura non proprio calzante) e volutamente poco lineare. Si cerca in questo modo di concentrarsi su varie situazioni, finendo forse per dare eccessivo spazio ai “preparativi” del funerale di JFK che molto fecero discutere ai tempi.
Protagonista unica e assoluta della pellicola non può che essere l’attrice di origini israeliane. Natalie Portman si prende la scena dal primo all’ultimo minuto della pellicola offrendo un’interpretazione magistrale, curata nei minimi dettagli, dal tono della voce (la cui comparazione con l’originale è possibile sfruttando gli spezzoni di materiale originale utilizzati all’interno del film), fino alle movenze, agli atteggiamenti, alla personalità. Si osserva come il lavoro sul personaggio sia stato incredibilmente preciso, non lasciando nulla al caso ma dando vita ad una vera e propria rappresentazione fedele che ha il pregio di non offuscare il comunque straordinario talento della Portman, capace sempre, all’interno del ruolo, di dare la sua personalissima impronta stilistica senza mai debordare dagli inevitabili limiti imposti dal biopic stesso. Interpretazione e, in generale, presenza a schermo premiate poi da una meravigliosa fotografia, fatta di chiaroscuri e ombre sfuggenti, curata dal due volte Premio Cèsar Stephane Fontaine.
Purtroppo il lavoro maniacale sul personaggio non è valorizzato appieno da una sceneggiatura piuttosto debole (firmata Noah Oppenheim e premiata a Venezia) e da uno svolgimento narrativo eccessivamente lento e compassato. La scelta di cercare in ogni modo di infondere un’inspiegabile aura di mito intorno al personaggio non fa altro che rendere l’atteggiamento stilistico ancora più irritante. Jackie sbaglia nel cercare di essere qualcosa che la stessa Jacqueline non è mai stata, sbaglia nel proporla Larraìn con dei cortocircuiti narrativi che non fanno bene al film e sono ben lontani dalla “trovata stilistica” per cui li si vorrebbe far passare. Jackie prova a raccontare una donna forse impossibile da raccontare, delineare, dipingere. Larraìn ci prova con tratti lenti e ragionati, cercando il momento, la scena, il dettaglio, il piccolo particolare. Non si rende conto di proporre, nel suo sforzo di allontanarsi dal biopic, un prodotto che si slega sì da ogni canone meramente autobiografico, ma che finisce per essere una scialba ora e mezza a cui poco si addicono i tentativi di presentarci in un modo desueto una figura che, malgrado la straordinaria rappresentazione (e interpretazione), ha davvero poco da raccontare oltre al lancinante dolore di una donna ferita nel profondo tanto quanto il suo Paese.
Scheda Film
Titolo: Jackie
Regia: Pablo Larraín
Sceneggiatura: Noah Oppenheim
Cast : Natalie Portman, Greta Gerwig, Peter Sarsgaard, Max Casella, Beth Grant, Billy Crudup, Richard E. Grant, John Hurt
Genere: Drammatico, Biografico
Durata: 95′
Produzione: Jackie Productions Limited, LD Entertainment, Protozoa, Fabula, Wild Bunch, Why Not Productions
Distribuzione: Lucky Red
Nazione: USA, Cile, Francia
Uscita: 2017
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