Fabio Sanvitale è un autore sferzante. Ma questo è certo e risaputo. Assieme al collega Armando Palmegiani ha formato un sodale caparbio e deciso, stavolta, di far luce su un caso – forse IL caso – che vede la dipartita di uno tra gli autori più importanti e discussi dell’ultimo secolo e mezzo: Pier Paolo Pasolini. In questa intervista parliamo del suo libro “Accadde all’Idroscalo” (Sovera Edizioni), del piacere della scrittura e del suo futuro.
S.L.: Prima domanda: Com’è nato il tuo libro “Accadde all’Idroscalo. L’ultima notte di Pier Paolo Pasolini”: perché hai sentito l’esigenza – avete, pardon – di scrivere ancora, di nuovo di Pier Paolo?
Fabio Sanvitale: Io e Armando scriviamo di true crime da anni e ci sono storie con le quali, prima o poi, ci si deve confrontare. Abbiamo alle spalle cinque libri: il caso Girolimoni, il canaro della Magliana, il caso Fenaroli, i casi Bebawi e Wanninger, la strage delle Guardie Svizzere, tutte vicende che abbiamo investigato da capo, partendo dagli atti ufficiali. Tutti delitti sui quali incombeva l’ombra del dubbio, del non chiarito, che ancora erano in tutto o in parte dei misteri. Pasolini rientra perfettamente in questa categoria: impossibile non confrontarcisi.
S.L.: Com’è stata la scrittura a quattro mani (assieme ad Armando Palmegiani NdR), in questo caso? Come ti sentivi, quando la struttura del libro prendeva corpo?
Fabio Sanvitale: Scrivere a quattro mani presenta delle difficoltà specifiche, ma ormai io e Armando abbiamo una nostra struttura di lavoro ben oliata. Ci dividiamo il lavoro per aree di competenza, ci confrontiamo più volte al giorno e quando non capiamo qualcosa chiediamo ai nostri consulenti forensi. E’ un metodo di lavoro scientifico, che paga. In genere siamo molto in sintonia e quindi procediamo speditamente, il che vuol dire che ci vuole almeno un anno di lavoro prima di partorire qualcosa. Vedere un libro prendere corpo è sempre un’emozione, senti che la tua creatura prende vita. In questo caso con un’attenzione speciale ai dettagli, perché questa è una storia troppo importante per ancora moltissime persone.
S.L.: Pasolini, ancora oggi, ispira storie, poesie, scritti, film… Perché, secondo te? Qual’è la sua forza?
Fabio Sanvitale: Pasolini aveva una straordinaria capacità di analisi del reale e si metteva in gioco con un coraggio intellettuale e fisico che è rarissimo. Quando vedi uno che legge la realtà e coglie quello che tu non hai visto allora devi fermarti e riconoscerne il genio. Quando vedi uno che mette un’energia pazzesca in quello che fa e ti spiega le cose, allora devi restituirgli quello che ti ha dato. In questo senso abbiamo fatto che potevamo fare: dare un nostro contributo per la verità. Glielo dovevamo.
S.L.: Sanvitale ed il futuro: come ti vedi tra dieci anni?
Fabio Sanvitale: Gesù, che domanda! Mi vedo in Normandia. Certe volte vorrei essere lontano dalle grida, dagli insulti, dalle questioni personali che vengono messe in mezzo quando invece si cerca di lavorare per la verità. E’ difficile essere sereni, in questo Paese, quando si trattano argomenti come questi. Ma prima della Normandia c’è tempo: tutto il tempo di far conoscere questo libro e l’indagine che ci sta dietro. Abbiamo appena cominciato, sarà un lungo lavoro ma lo porteremo a termine.
S.L.: Grazie di cuore per aver accettato quest’intervista!
Fabio Sanvitale: Grazie a te per avercela chiesta! Crediamo sia molto importante avviare un dibattito civile intorno a questo libro e soprattutto intorno alla fine di Pier Paolo Pasolini. Speriamo di poter contribuire a questo.
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