RW Edizioni è una realtà editoriale frizzante, sferzante, viva e piena di passioni e colori – siano essi il rosso, bianco e nero delle pregiate graphic novel straniere, i colori dei comics americani o il “solo” bianco e nero di nipponica fattura. Abbiam voluto, in occasione della Fiera della Piccola e Media Editoria a Roma, porre loro alcune domande sul fenomeno delle “novelle grafiche” nel Belpaese, arrivando anche a chiedergli parere riguardo un’affermazione lanciata tempo or sono da un “divo” della tv, riguardo ai “fumetti”. Loro hanno risposto con garbo, professionalità e simpatia – per bocca / tastiera dell’Editor della linea Lion per RW Edizioni, Lorenzo Corti. Eccone il risultato:
S.L.: Pubblicate prevalentemente graphic novel e comics americani, con un occhio anche all’universo giapponese: quando i cartonati – volumi a fumetti sono sbarcati dalle fumetterie specializzate alle librerie, assurgendo a cult per grandi e meno grandi, in Italia? Chi ha fatto da apripista nel Belpaese?
RW: In realtà ricordo che già negli anni ’70-’80 nelle maggiori librerie delle grandi città esisteva un piccolo settore dedicato ai fumetti, ovviamente all’interno della sezione per ragazzi, dove si trovavano volumi cartonati con i personaggi Disney o strenne dedicate a personaggi di tutti i tipi, da Batman e Superman a Dick Tracy, Tex e Jeff Hawke. Ma all’epoca neanche esisteva l’idea di un negozio specializzato in fumetti. Il vero e proprio inizio di questa “colonizzazione” degli scaffali delle librerie da parte dei fumetti si ha nei primi anni del 2000, con l’arrivo in Italia del colosso editoriale Planeta-De Agostini e la sua politica di pubblicazione massiccia di volumi cartonati di pregio e la sua mentalità distributiva particolarmente mirata alle librerie, viste anche le sue origini come editore di varia e di didattica. Da quel momento in poi, grazie anche a case editrici lungimiranti che hanno capito come ci fosse tutto un nuovo pubblico che frequenta le librerie e che non ha la più pallida idea dell’esistenza delle fumetterie, è stato come l’aprirsi di una diga. Sia gli editori che le grandi catene librarie e i negozi indipendenti si sono resi conto di quanto questo pubblico “generalista” fosse pronto a una offerta vasta e variegata di fumetti, anche grazie al grande successo dei cinecomics e di serie TV come Arrow o Flash. Sono convinto, forte anche dei nostri risultati in libreria, che sarà un mercato sempre più importante, che non ruberà spazio alle fumetterie ma anzi ne farà conoscere l’esistenza a nuovi lettori.
S.L.: Cosa ci dobbiamo aspettare dal fenomeno delle graphic novel in Italia? I “fumetti” – so bene che è riduttivo in certi casi chiamarli così… – sin dove possono arrivare? Avranno mai lo stesso seguito – impatto che hanno attualmente gli altri “media” – mezzi di comunicazione?
RW: Secondo me il termine riduttivo è “graphic novel”, non “fumetto”. Il fumetto è un mezzo di comunicazione, un’arte, come la letteratura, il cinema. Dentro c’è tutto quello che può essere raccontato tramite disegno e testi uniti tra di loro da una specifica grammatica. Tutti i generi, tutte le possibilità narrative e informative possono rientrare nell’ambito del fumetto. Le “graphic novel” sono solo una delle numerose possibilità. E di quello che oggi viene definito così solo una piccola parte in realtà lo è. “Graphic novel” ormai è diventato un termine commerciale per definire edizioni in volume di storie che spesso sono nate per essere serializzate su albi e riviste, una definizione che si riferisce più al contenitore che al contenuto. Con i presupposti di cui sopra la risposta su dove può arrivare il fumetto è facile: ovunque. Può raccontare storie di intrattenimento, fare giornalismo, far riflettere e toccare qualsiasi argomento. Il limite non è nel medium in sé, ma della percezione che ne ha il pubblico. In Italia purtroppo siamo ancora legati all’idea che il fumetto sia una cosa per bambini, e sta soprattutto a noi editori, ma anche ai mezzi di informazione, far cambiare idea e mostrare le innumerevoli possibilità del fumetto.
S.L.: Ultima domanda, forse un po’ “polemica”: Non molto tempo fa, in un’intervista apparsa su un famoso tabloid italiano, Gherarducci della Gialappa’s Band, seppur con “ironia”, dichiarò: «chi legge fumetti ed ha più di 14 anni è un rincoglionito.». Che ne pensate Voi, che mangiate pane e “fumetti” e che lavorate nel mondo dell’arte grafica?
RW: Potrei dire la stessa cosa affermata dal tizio della Gialappa riferendomi a chi guarda il 90% della TV generalista odierna, e forse con un po’ di ragione in più. Ma non lo farò. Il simpatico Gherarducci non fa che ribadire quella che è la considerazione di molti riguardo i fumetti e i suoi lettori. In un paese in cui quasi nessuno legge libri e l’analfabetismo funzionale è altissimo, anche chi legge fumetti è un re, come nel modo di dire sull’orbo nel regno dei ciechi. Posso solo ribadire quanto detto prima a proposito della necessità di sfatare questa leggenda urbana, tramite il lavoro delle case editrici, la diffusione del fumetto nelle librerie, e una forte spinta da parte degli uffici stampa e dei mezzi di comunicazione di massa per far cambiare questa mentalità primitiva sui fumetti. E le cose stanno cambiando, anche se non così velocemente come dovrebbero. Lettori e librerie dovrebbero rendersi conto maggiormente di quanto i fumetti siano diffusi e di come raggiungano livelli di vendita per arrivare ai quali molti scrittori strombazzati in giro sulle riviste e nei salotti televisivi probabilmente sarebbero disposti a tagliarsi un braccio.
S.L.: Grazie mille per averci concesso quest’intervista!
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