Chi negli anni passati attese di vedere la trasposizione in immagini de Il Signore degli Anelli, da molti considerato alla stregua di un libro sacro, si era posto all’epoca una più che legittima domanda e cioè come avrebbe fatto il regista Peter Jackson a trasferire sullo schermo, in 9 ore circa di film, un libro che supera le 1000 pagine e altamente denso di avvenimenti. La risposta, peraltro ovvia, fu l’enorme numero di tagli e rimaneggiamenti che il regista e i suoi collaboratori attuarono nell’adattamento, molti dei quali fecero e fanno tuttora rabbuiare i tolkieniani D.O.C.: come “perdonare” ad esempio la totale assenza di Tom Bombadil, forse uno dei personaggi più affascinanti scaturiti dalla fantasia del professore di Oxford?
In maniera del tutto analoga, dopo la conferma che anche Lo Hobbit sarebbe stato un film di circa 9 ore (diviso anche questa volta in 3 episodi da 3 ore circa), la curiosità che nei mesi scorsi ha animato la rete e i vari canali mediatici era tutta su come Jackson avrebbe trasferito sullo schermo un libro che non arriva a 200 pagine e che presenta descrizioni e avvenimenti degni di un ottimo libro per bimbi-ragazzi, ma che certo non è paragonabile quantitativamente a Il Signore degli Anelli. La risposta, non del tutto ovvia come la precedente, è stata l’introduzione di un certo numero di fatti e scene elaborate basandosi su altri scritti di Tolkien, sconosciuti per lo più ai fan “commerciali” de Il Signore degli Anelli, ma ben note a chi Tolkien lo “spulcia” per bene. Potremmo dire, a tal proposito, che accanto ai tolkieniani “modello base” che si sono cimentati con la lettura de Lo Hobbit e, con fatica, de Il Signore degli Anelli esistono i tolkieniani “modello avanzato” che hanno abbracciato per intero il mondo fantastico dell’autore leggendo tanto per cominciare le Appendici de Il Signore degli Anelli per poi passare al famoso-famigerato Silmarillion e proseguendo con I Racconti Incompiuti, I Racconti Perduti, I Racconti Ritrovati per arrivare, per i più maniaci, ai 12 volumi della History of Middle-Earth mai tradotti in italiano completamente e agli scritti e lettere che Tolkien lasciò, indirizzati soprattutto al figlio Christopher.
Certo, per chi desidera un film come perfetta traslazione del testo in immagine, la delusione c’è: la storia è modificata (ovviamente non nella sua trama a grandi linee), ma è come se in una sinfonia gli attacchi fossero diversi, alcuni fraseggi melodici modificati, alcune parti invertite; nulla di grave, diciamo roba da pignoli, ma sta di fatto che le differenze ci sono! Di contro, quello che Jackson e collaboratori inseriscono per riempire e, così hanno dichiarato, “spiegare” fatti che ne Il Signore degli Anelli e ne Lo Hobbit non sono menzionati, appare ben realizzato e ben inserito nel percorso narrativo.
La storia: siamo di fronte ad una sorta di prequel de “Il Signore degli Anelli”. Grazie a questo racconto si viene a conoscenza di come l’Hobbit Bilbo Baggins entrò in possesso dell’Anello attorno a cui ruota tutto il libro più famoso di Tolkien. Scritto con i tratti più simili a quello di un racconto per bimbi-ragazzi, Lo Hobbit prende le mosse dall’incontro (non certo casuale) tra un pacifico e amante del quotidiano Bilbo (in questo film interpretato da Martin Freeman) e lo stregone Gandalf (Ian McKellen) che lo coinvolge, suo malgrado, in una pericolosa avventura con un gruppo di 13 nani capeggiati dal valoroso Thorin Scudodiquercia (Richard Crispin Armitage). Si tratta di riconquistare l’antico regno nanesco un tempo guidato dal nonno di Thorin che aveva il suo cuore in uno splendido palazzo ricavato sotto una montagna lontana (chiamata Montagna Solitaria, Erebor in lingua elfica) e che tempo addietro era stato strappato ai nani dal feroce drago Smaug, avido di oro e oggetti preziosi e che nella montagna aveva stabilito la sua dimora. L’impresa sarà dura, soprattutto perché lungo il cammino verso la montagna la compagnia di 15 elementi dovrà vedersela con troll affamati, feroci orchi, enormi lupi, giganti che spaccano montagne e così via ma i loro cuori e i loro corpi saranno anche rinfrancati dalla presenza di Gandalf e da una preziosa sosta nell’Ultima Casa Accogliente degli Elfi, dimora del re Elrond: l’elfo (ancora una volta interpretato da Hugo Weaving, che nel 2011 avevamo lasciato nei panni del Teschio Rosso in Capitan America) darà loro un prezioso aiuto nel trovare un messaggio nascosto in una mappa della Montagna Solitaria lasciata dal padre a Thorin e pervenuta a questo per mano di Gandalf.
Durante la cattura da parte degli orchi nel cuore delle montagne Nebbiose, Bilbo si ritrova separato dal resto della compagnia e incontra Gollum (ancora una volta è Andy Serkis a dare i movimenti a questo personaggio creato al computer): eravamo giù venuti a conoscenza nella precedente trilogia di come secoli prima il povero Smeagol, una specie di Hobbit, fosse entrato in possesso del perduto Unico Anello del malvagio Sauron, di come fosse caduto preda del potere del malefico oggetto e come questo gli avesse donato sì una lunga vita ma lo avesse ridotto ad un essere viscido dai tratti animaleschi. Gollum vede in Bilbo del cibo inaspettato e appetitoso e fa una scommessa con il povero Hobbit: se lui lo avesse sconfitto in una gara di indovinelli gli avrebbe mostrato la via d’uscita, altrimenti se lo sarebbe mangiato. Bilbo vince la gara (diciamo in modo non proprio corretto) e Gollum, che non ci sta ad aver perso, decide di indossare l’Anello per diventare invisibile e banchettare lo stesso con carne di Hobbit. Purtroppo il prezioso Anello (il suo Tessssoro) era caduto in precedenza dal suo misero “abito” ed era stato trovato proprio da Bilbo prima del loro incontro. Gollum intuisce che l’oggetto tenuto da Bilbo nella tasca, e sul quale aveva basato l’ultima scorretta domanda della loro gara, deve essere proprio il suo anello e lo aggredisce: l’Hobbit riesce a salvarsi diventando invisibile grazie all’Unico e seguendo Gollum fino all’uscita. E, come abbiamo sentito per mesi nel trailer del film, da quel momento la sua vita non sarebbe stata più la stessa, anche se questo episodio cambierà forse più la vita di suo nipote acquisito Frodo Baggins, come ben sappiamo.
Questo primo film (Un Viaggio Inaspettato) si conclude con i nostri eroi che vengono portati in salvo dal Signore delle Aquile e dai suoi sudditi proprio mentre stanno per cadere nuovamente nelle mani di orchi e lupi guidati dal feroce Azog, un orco che anni prima Thorin aveva privato della mano sinistra durante una battaglia e che questi credeva morto.
Al di là dei vari cambiamenti della narrazione di cui accennato all’inizio, nel film incontriamo alcuni personaggi che avevamo già conosciuto ne Il Signore degli Anelli e che Tolkien non menziona affatto ne Lo Hobbit. Durante la permanenza a Gran Burrone Gandalf e Elrond partecipano ad una riunione con lo stregone bianco Saruman (Christopher Lee) e Galadriel (Cate Blanchett), la signora degli Elfi del reame boscoso di Lothlorien. Sicuramente Jackson intende preparare il terreno al fatto – appena accennato nella fine del libro – che mentre il drago Smaug viene sconfitto e infuria lo scontro tra nani, elfi e uomini da una parte e orchi e lupi dall’altra (tutti avvenimenti che vedremo probabilmente nel terzo film), Gandalf insieme ad “un grande consiglio di stregoni bianchi, maestri di dottrina e magia buona” ha una prima scaramuccia con il vecchio Sauron – in quel periodo non ancora riconosciuto come tale e chiamato Il Negromante – e lo costringe a fuggire dalla sua dimora, la fortezza abbandonata di Dol Guldur. Quello a cui nel libro viene fatto cenno come “gran consiglio di stegoni bianchi” diverrà, nel mutamento e completamento dell’universo immaginario di Tolkien, il Bianco Consiglio composto dai tre Elfi detentori degli altrettanti anelli del potere Elrond, Galadriel e Cirdan, dal re degli Elfi di Bosco Atro Thranduil (il padre di Legolas), dal Signore del Reame di Lothlorien Celeborn (marito di Galadriel) e dai tre stregoni Saruman il Bianco, Gandalf il Grigio e Radagast il Bruno.
Proprio il personaggio di Radagast (Sylvester McCoy), che ne Lo Hobbit si merita solo una riga in cui viene descritto da Gandalf come un suo “buon cugino”, nel film prende forma e vita in alcune scene che lo vedono protagonista e lo presentano come Tolkien lo aveva immaginato, come lo stregone più dedito alla natura e alle forme viventi. Inoltre, grazie a lui, viene introdotto il personaggio del Negromante e il pubblico comincia ad intuire come Sauron, perso l’Unico Anello secoli prima, stia pian piano tornando a muoversi nella Terra di Mezzo (ovviamente alla ricerca dell’Unico e alla riconquista del suo immenso potere).
Il film merita sicuramente per i costumi e le ambientazioni (gli abiti e le acconciature dei nani sono curate con un dettaglio impressionante e le scene nella Montagna Solitaria, a Gran Burrone e nel regno degli Orchi lasciano senza fiato), ma ancora di più per la splendida colonna sonora di Howard Shore, autore già di quella della precedente trilogia e di cui ritroviamo alcuni temi musicali (per esempio quello della Contea, quello di Gran Burrone e così via) adattati nel nuovo film. Il malinconico e al tempo stesso potente brano Misty Mountains, adattamento della canzone che i nani intonano a casa di Bilbo all’inizio del racconto, offre il tema di base ripreso varie volte nel film in coincidenza dei momenti forti che vedono la compagnia di nani protagonista.
Ovviamente il godimento delle ambientazioni raggiunge il massimo grazie al 3D, anche se molto frequenti cominciano ad essere tra il pubblico le lamentele per la perdita di luminosità che i fastidiosi occhialetti creano. Molto interessante, invece, è la tecnica HFR (High Frame Rate) di ripresa e riproduzione a 48 fotogrammi al secondo invece che i classici 24: la differenza c’è e si vede! Le immagini in movimento appaiono nettamente più fluide e nitide e l’intero film acquista un realismo che prima d’ora il pubblico non aveva potuto ammirare sul grande schermo.
A causa della scomparsa alla fine del 2011 di Gianni Musy, doppiatore di Ian McKellen nella precedente trilogia e di molti volti noti di Hollywood, la voce italiana di Gandalf è cambiata: il primo trailer diffuso in rete e nelle sale cinematografiche presentava una voce “provvisoria”, non molto gradita al pubblico, sicuramente carico di forte nostalgia per la voce di Musy che è sempre stata considerata perfetta per il pellegrino grigio. Alla fine la scelta per il doppiaggio di Gandalf è caduta sul nostro attore più capace e poliedrico: Gigi Proietti. Sicuramente il timbro caldo e profondo della voce di Proietti ben si adatta al personaggio ma… vedrete… forse capiterà anche a voi come al sottoscritto di avere la sensazione che da un momento all’altro Gandalf si possa alzare in piedi e iniziare a dire: “ER CAVALIERE BBIANCO E ER CAVALIERE NERO FANNO A DUELLO….”
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