Nell’eterna guerra fra Vampiri e Licantropi Selene (Kate Beckinsale) si ritrova fra due ardenti fuochi. Ripudiata dai propri simili e inseguita dai Lycan, può fare affidamento solo su David (Theo James) e suo padre Thomas (Charles Dance), unici alleati rimasti all’interno della casata dei Vampiri. Sullo sfondo si profila un terribile scontro che potrebbe portare all’estinzione della razza: i Lycan, guidati da Marius, avanzano compatti, mentre le lotte intestine logorano il potere del Consiglio.
Arrivati al quinto capitolo della saga che ha portato agli onori della cronaca (e della critica) cinematografica Kate Beckinsale, è forse ora di trarre qualche conclusione in più su un filone narrativo lungo ben tredici anni, ponendosi una domanda fondamentale: c’è ancora qualcosa da raccontare sull’esageratamente sanguinoso conflitto tra Vampiri e Licantropi, o siamo arrivati ad un classico punto di non ritorno in cui ad animare la produzione di nuovi capitali è solo una spiccata pigrizia mentale?
Finito il sodalizio familiare e cinematografico Wiseman-Beckinsale (i due si erano conosciuti ed innamorati sul set del primo capitolo) sembrava infatti che la saga non avesse davvero molto da offrire, soprattutto in termini narrativi. Underworld – Il Risveglio fu infatti (parzialmente) giustificato con lo sfruttamento della tecnologia 3D nel suo periodo più florido e di massima diffusione (2012), mentre si fa molta fatica a contestualizzare Underworld: Blood Wars, perlomeno senza percepire il clima di evidente forzatura che lo circonda. Dietro ad una coltre di action sfrenato e di surreale che possono risultare gradevoli di fronte ad una visione distaccata, si nasconde una pochezza narrativa che fatica a distaccare il capitolo dai suoi predecessori. Torna il tema della guerra, tornano gli intrighi sentimentali, tornano i tradimenti e le lotte intestine. Un frenetico riassunto ad inizio film allarga gli orizzonti della pellicola stessa, rendendola appetibile anche a chi di Underworld non ha mai sentito parlare, tecnica ormai famosa per le lunghe saghe di grande fruibilità (ne è un esempio recente Resident Evil: The Final Chapter).
Ad Underworld manca palesemente l’originalità, la capacità di innovarsi e rinnovarsi. Per la quinta volta viene riproposto un abusato modello narrativo che ha gli stessi presupposti e praticamente le stesse conclusioni. Le varianti inserite all’interno del film diventano ben presto ininfluenti a livello di trama, rendendo vana ogni speranza di cambiamento. Benché non manchi un ritmo discreto (che cavalca tutti i 90 minuti del film), non si scorge un prodotto che vada oltre il proprio stesso ritmo. Alla causa non aiutano poi i protagonisti, appiattiti sulle loro stereotipate figure e per nulla accattivanti (ad esclusione, forse, di una sempre valida Lara Pulver).
Underworld: Blood Wars – Recensione
4.5
voto
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