La tv mostra, quotidianamente, scene crude, “vivaci” e di dubbio gusto. Questo è innegabile… East End, però, non fornisce molti punti a suo favore, e viaggia sul pericoloso binario del politically scorrect alzando continuamente la posta, senza però, almeno apparentemente, avere le carte giuste in mano. Ma una chance gliela vuoi dare, perché è un prodotto “Made in Italy” e ti siedi in sala, pronto a ridere e a riflettere. Poi però ti addentri nella storia… ed iniziano perplessità, dubbi e battute senza capo né coda. Ci si chiede perché, dell’esistenza di questo cartoon ma non basta… Non serve a cancellare lo sconforto che ti assale, e le sopracciglia aggrottate che rischiano di mutare i tuoi tratti somatici definitivamente. Lo stomaco protesta ed il cervello collassa producendo domande che non avranno alcuna risposta del tipo: a parte il riferimento continuo al derby calcistico Roma – Lazio a chi dovrebbe essere destinato questo cartone? A quale pubblico? E ancora… Qual’è il senso di tutto il lungometraggio animato – costato un milione di euro, per la cronaca? Skanf e Puccio, le due menti dietro “East End”, vorrebbero strizzare l’occhio agli americani “Shrek” o al più “sensato” “I Griffin” per clima – gergo esplicito – situazioni politicamente scorrette ma invece sconfina nel becero e nel pecoreccio.
La trama: Leo, Lex, Vittorio e gli altri piccoli protagonisti di “East End” sono dei bambini normali, che vivono una quotidianità semplice e scanzonata, dove una partita di calcio può riempire un’intera settimana e diventare la cosa più importante. Intorno ai bambini si muovono degli adulti inadeguati, che influiscono in maniera marginale sulle vite dei propri figli, in una realtà disgregata e confusa, dove le relazioni familiari risultano prossime alla dissoluzione. Abitano tutti nella periferia est di Roma, nel nuovissimo quartiere East End che, suo malgrado, diventa il palcoscenico di un complicato intreccio internazionale quando, nel tentativo di vedere gratis il derby Roma-Lazio, i bambini dirottano sullo stadio Olimpico il Golia, un satellite militare supersegreto che gli Stati Uniti stanno utilizzando nella caccia al terrorista più pericolo del mondo: il famigerato Al Zabir Muffat.
Si salva ampiamente la colonna sonora originale firmata da Georges Pascal Marchese, Alessandro Cagnizzi, Marco Dalla Chiesa, Gianmarco Mondi, Giuseppe Squillaci, Game Zero e Superrobots. Insomma, il prodotto è il classico “vorrei ma non posso”: gli autori puntavano a narrare una storia di periferia anni 2000, contro i pregiudizi. Il mezzo – cartone animato – con cui descrivere tale storia è sicuramente azzeccato, come linguaggio – genere per portare sullo schermo la storia ma la verità è che non ha lo stesso gusto di “South Park” o de “I Simpson”, ad esempio. Qualche cliché? Si. Un ottimo prodotto? Discreto per realizzazione artistico – tecnica. NP (Non Pervenuto) per la trama. Perplessità ulteriori si affiancano al lungo elenco già descritto circa il dichiarato export del film, un prodotto che è geolocalizzato – dedicato ad un pubblico prettamente romano. Non sarebbe meglio esportare qualità, idee, genialità e cultura invece di luoghi comuni che si, talvolta, fanno (sor)ridere ma che non trasmettono effetti positivi allo spettatore? Il lungometraggio animato è, nel momento in cui scrivo, vietato ai minori di 14 anni. Se il visto censura fosse confermato ci si aspetta una distribuzione su suolo italiano pari a 30 copie – sale che aumenterebbero sino a 70 – 100 copie / sale in caso di revisione censura. Volete buone notizie? Sembra sia in cantiere una serie tv con lo stesso “umorismo”, gli stessi personaggi e gli stessi autori…
P.S.: oh… alla sceneggiatura ha partecipato anche Federico Moccia.
East End – Recensione
4
voto
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