I detrattori del cinema di Wong Kar-wai spesso lo accusano di essere prolisso, lento e forse un po’ monotono. Coloro che sollevano tali obiezioni probabilmente sono ormai drogati dai ritmi sincopati e assordanti dell’industria hollywoodiana. Il regista Won Kar-wai è una voce fuori dal coro non solo nel panorama del cinema internazionale, ma di quello cinese e di Hong Kong in particolare.
Vent’anni fa, nel 1997, il regista faceva uscire “Happy Together”, un’intensa storia d’amore che, oltre a divenire il manifesto del cinema gay, lasciava stupefatti per la sua poesia, le atmosfere rarefatte, le accelerazioni nei panorami notturni, le inquadrature frammentate e l’alternanza del bianco e nero al colore, assolutamente originale e narrativa.
Il film racconta la storia d’amore totalizzante e tortuosa, costellata di addii e nuovi inizi, tra Lai Yiu-Fai e Ho-Po Wing. I due amanti lasciano Hong Kong per intraprendere un viaggio in Argentina, e l’atmosfera dei tango bar sottolineata dalla musica di Astor Piazzola diventa enfasi potente del desiderio carnale e allo stesso tempo cifra dell’amore romantico.
Come nei libri di Mishima
Il film inizia con le immagini a colori dei due passaporti e con un’inquadratura, in una stanza di Buenos Aires, del torso nudo di Fai riflesso in uno specchio macchiato dal tempo, e il risultato turba per la somiglianza con il San Sebastiano dipinto dal Botticelli, così come quella stessa immagine artistica aveva turbato l’infanzia di Mishima alla scoperta della propria omosessualità.
All’inizio del film c’è forse l’amplesso gay più crudo e realistico del cinema non-hard, ma anche qui non sono il sesso e la carne a dominare, ma una passione romantica sublimata dalla ricerca estetica. Certo contribuiscono la bravura di due attori del calibro di Toni Leung e Leslie Cheung, che danno vita a una coppia che ripete lo stereotipo vittima-carnefice, trafitta dal desiderio ma allo stesso tempo destinata alla separazione. Il loro amore va a male, e le cascate dell’Iguazù, che sognavano di scoprire insieme dopo aver visto la loro riproduzione su una lampada, saranno visitate solo da Fai, verso la fine del film. Le stesse cascate protagoniste di una sequenza mozzafiato, di potenza soverchiante, dove le riprese a colori sono sottolineate dalle strofe della canzone “Cucurucucu Paloma”
D’altra parte la musica è d’importanza decisiva in tutto il cinema di Wong Kar-wai, e i motivi pop (“Happy Together”, che dà il nome al film, è eseguita alla fine, quando il loro amore è finito e Fai è riuscito finalmente a troncare la relazione con il capriccioso amante) contribuiscono a creare quel particolare sentimentalismo di cui gli occidentali non sono più capaci. Anche la voce narrante, quasi sempre di Toni Leung, aggiunge un’atmosfera di malinconia.
Una capacità istintiva di poesia
Quello che sempre stupisce nei film diretti da cinesi è la loro capacità di trasformare gli oggetti e le riflessioni più quotidiane in voli poetici mischiati a un’impronta di filosofia fresca e quasi infantile.
Anche il regista John Woo, in un film adrenalinico come “Face Off”, non è stato capace di tradire se stesso e ha lasciato la sua firma nella delicatezza, nella visione poetica e nel profondo senso morale che rendono un mix irresistibile questa pellicola.
Dal canto suo Wong Kar-wai ha continuato a dirigere film di grande energia grazie alle sue strutture frammentate, all’utilizzo della tecnica dello step-printing, moltiplicazione di fotogrammi, che, nelle parole stesse del regista costituiscono “una risposta agli slow motion di John Woo”. Tra i suoi tanti film ricordiamo i pluripremiati “In the mood for love” (2000) e “2046”(2004).
“Happy Together” non è una storia gay, è il racconto struggente di una potente storia d’amore. E basta.
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