Fondi fiduciari, titoli swap, mutui subprime. Sono tutti termini che potete sentire entrando in una banca oppure guardando La grande Scommessa, il film di cui stiamo per parlare.
La Grande Scommessa (The Big Short, 2015) è un film che parla di una crisi economica, anzi LA crisi economica, ovvero quella del 2007 scoppiata negli USA a causa del fallimento del sistema bancario nazionale e propagatasi poi in tutta Europa. Durante il racconto seguiremo le vicende di 4 outsider che capiscono prima degli altri la precarietà del sistema bancario americano e, con una buona dose di follia e coraggio, decidono di investire sul fallimento dello stesso. Spoiler: alla fine diventeranno miliardari.
La Grande Scommessa ha un duplice valore: innanzitutto la minuziosità con cui viene ricostruita la vicenda, oltre alla spiegazione dettagliata dei vari termini e dinamiche legati al mondo bancario e di Wall Street, elevano il film ad una sorta di documentario sulla crisi economica del 2007. Dall’altro lato, grazie ad un cast di prim’ordine, ad una sceneggiatura carica d’ironia e, soprattutto, alla dinamica regia di Adam McKay, il film possiede tutte le caratteristiche di una pellicola di intrattenimento, seppur di qualità. Altro punto a favore è l’accessibilità. Difatti nonostante la spigolosità di certi termini, come quelli citati ad inizio articolo, il film risulta accessibile e comprensibile da tutti.
Il racconto di McKay mette in luce tutto il marcio che girava attorno al settore immobiliare/bancario negli States, evidenziandone i paradossi e l’incompetenza di chi lo gestiva. I quattro protagonisti (e che protagonisti), Steve Carell, Ryan Gosling, Brad Pitt e Christian Bale sono gli unici che sono stati in grado di fermarsi, riflettere e comprendere il suicidio economico che era in arrivo. Il coraggio di rallentare e riflettere è proprio il punto dove vuole andare a parare il regista. In un sistema che corre alla velocità della luce e che ti spinge a fare quanti più soldi possibili, c’è il rischio di finire inglobato in un circolo fatto di ricchezza, irrazionalità e stupidità.
Se The Wolf of Wall Street raccontava gli eccessi del mondo della finanza con una regia veloce e movimentata, La Grande Scommessa lo fa scegliendo un’altra strada. Anche se abbiamo parlato di regia dinamica, in realtà in molti punti i movimenti di macchina sono lenti dando allo spettatore un senso di quiete, in contrapposizione con il caos che invece si sta verificando. Anche le sequenze finali, dove la bolla speculativa scoppia mandando il sistema in default, si percepisce un senso di calma che fa quasi effetto, le musiche non esistono più e si va incontro a lunghi silenzi. Sono i silenzi dei protagonisti, che nonostante abbiano vinto la loro grande scommessa non provano nè gioia nè felicità, consapevoli che quello che è appena successo manderà in rovine parecchie famiglie americane ed europee.
La Grande Scommessa è dunque un film che, racconta la storia di ieri, quel tipo di storia che non ha vincitori ma solo vinti.
Lascia un commento