Sono finalmente sbarcati sul Lido di Venezia il regista ed attore George Clooney (accompagnato dalla moglie Amal) con Julianne Moore e Matt Damon, protagonisti del suo ultimo film Suburbicon.
Il film, una commedia dai toni noir, tratta da un romanzo del 1986 scritto dai fratelli registi Joel ed Ethan Cohen all’inizio della loro carriera, presenta la città di Suburbicon nell’America degli anni Cinquanta. Suburbicon è una apparente tranquilla cittadina di periferia abitata dall’americano caucasico di ceto medio, Gardner Lodge (Matt Damon), assiema alla moglie (Julianne Moore) e a suo figlio, Nicky (Noah Jupe). Le casette color pastello sono perfette, circondate da giardini drammaticamente ordinati. I bambini del vicinato giocano a baseball attraverso lo steccato delle loro case. Il portalettere sorridente consegna la posta. Questo è il luogo della raggiunta prosperità per tutti. “Questo è un posto sicuro,” sottolinea una cittadina, “Lo era,” le fa eco un’amica salendo su un autobus perfettamente in orario. Questa è proprio la realtà dei fatti e appare chiaro, quando la violenza si scatena proprio a casa Lodge con la violazione di domicilio di una coppia di malviventi. Il drammatico evento distruggerà l’intera famiglia Lodge, che rimarrà orfana del cardine femminile, subito rimpiazzato dalla sorella gemella Margaret (Julianne Moore), una donna dai comportamenti altrettanto terrificanti. Tanto idilliaca è l’atmosfera della cittadina all’inizio, quanto spaventosa è la ferocia dei suoi abitanti, che trovano, in una famiglia di colore appena trasferitasi a Suburbicon, il capro espiatorio per le violenze subite dai bianchi in quel periodo.
Il film è una denuncia del razzismo imperante in quel periodo in America, ma che non è molto diverso dall’America di oggi del magnate, e ora Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump dopo gli analoghi casi di razzismo ed intolleranza accaduti a Charlottesville in Virginia. Ieri come ora, “l’America è sovrastata da una nube,” dice Clooney, ma “questo film non è una denuncia contro la corrente amministrazione americana”, continua, dopo tutto la sceneggiatura è stata scritta molto prima dell’ascesa di Trump. Nessuno poteva immaginare, quando è stato avviato il progetto, che tutto questo potesse ridiventare parte della storia americana. Il film, piuttosto, denuncia il comportamento di coloro che “guardano dalla parte sbagliata,” sottolinea Clooney, perchè fa comodo fare così per tutti. Far cadere la colpa su un innocente è più facile che venire a patti con il dovere di dire ed affrontare la verità. Ed è così che percorrere le strade di Suburbicon con una bicicletta sgangherata ricoperti di sangue diventa legittimo. La violenza viene giustificata. L’integrazione è deprecata a favore dell’esclusione, ma la sottile ironia che tinge a tratti il film diventa più feroce della violenza fisica, che insanguina le mani dei colpevoli. In questo Clooney consente di emergere la tradizione dei fratelli Cohen nel film.
Tuttavia il trio di Hollywood non ha parlato solo del film alla conferenza stampa di ieri. Specie Clooney e la Moore hanno difeso la posizione così forte del proprio paese di riscrivere passaggi inaccettabili della storia americana. Bisogna eliminare i monumenti di quei personaggi che hanno dato inizio a tutte queste ineguaglianze nel paese e cambiare i nomi di scuole dedicate agli stessi personaggi. E quando le domande dalla platea diventano insistenti sulla politica, c’è chi azzarda chiedere al regista se il suo impegno nei confronti di questi temi possa essere un preludio ad una sua prossima candidatura alla presidenza americana. George Clooney nega e poi, con un sorriso sardonico dei suoi, si congeda dai giornalisti.
Il film, in corso per il Leone d’Oro a Venezia, uscirà nelle sale americane, come un pugno nello stomaco per il pubblico, il 27 ottobre 2017, in quelle italiane il 14 dicembre.
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