Mika non ha certamente bisogno di presentazione. Dal boom con “Grace Kelly” ad oggi la sua carriera si è arricchita di successi in tutto il mondo. In Europa infatti l’artista nato in Libano è amato praticamente in ogni paese, Italia compresa. A rafforzare il legame con il nostro paese ha contribuito anche il suo ruolo come giudice di ‘X-Factor’ (veste che Mika ha ricoperto anche nell’edizione francese di ‘The Voice’) che ha permesso al cantante di farsi conoscere e apprezzare non solo per la sua musica ma anche per la sua originalissima personalità.
Ora Mika si… ripete. Dopo il successo di “Stasera Casa Mika”, lo show in prima serata sulle reti Rai che nella prima edizione ha stupito tutti, il performer libanese è pronto ad aprire nuovamente le porte della sua casa. Lo show infatti tornerà su Rai 2 con una seconda edizione ricca di interessanti novità che vedranno l’artista impegnato in diverse vesti e affiancato, tra gli altri, anche da Luciana Littizzetto. Un format che rispolvera i classici dei primi anni della televisione italiana e che potrà farsi apprezzare da spettatori di tutte le età.
Una delle novità più importanti di questa edizione di “Stasera Casa Mika” è la nascita di una fiction interna che si svilupperà parallelamente allo show. Perché questa scelta?
È uno show che non ha un preciso meccanismo televisivo. Penso ad esempio ai talent: lì, aldilà dello spettacolo, c’è la competizione come base. In questo caso abbiamo cercato di crearne uno, che fosse originale, per questo abbiamo realizzato questa sorta di fiction che crea un perfetto meccanismo narrativo che fa da filo conduttore alle puntate. Attraverso una porta magica, torno indietro di 50 anni e mi sono divertito davvero molto. Non è un caso l’aver scelto proprio quel periodo perché gli anni ’60 sono stati fondamentali per la TV. La fiction segue lo svolgimento dello show e non è stato facile intrecciarli. Abbiamo registrato 6 minuti al giorno a Roma per farla ed era importante che comunque si unisse bene allo spettacolo senza che lo scavalcasse. È una bella sfida e non nascondo che ho acceso più di un cero in Chiesa sperando che andasse bene…
Uno show che piace e che è comunque molto vicino alla gente…
Parliamo di temi sociali senza paura di farlo. Ma più che temi “sociali”, li definirei forse “umani”, perché sono cose vicine a tutti. E in questo senso devo dire grazie alla Rai, che ci permette di fare tutto ciò. C’è un sentimento di squadra e di famiglia dietro questo show che raramente ho sentito prima. L’anno scorso ho incontrato persone che non fanno musica nella vita, ma per i quali la musica ricopre un ruolo fondamentale. Il viaggio che faccio in questo programma non è solo quello della fiction, in cui torno indietro nel tempo, ma è anche quello che mi permette di conoscere storie belle e interessanti. Per questa edizione sono anche andato in Sardegna e ho passato del tempo con un uomo che fa il pastore. È stata un’esperienza importante e profonda, anche perché si tratta di uno dei lavori più iconici della nostra storia.
Altra novità di questa edizione la presenza di Luciana Littizzetto. Che ruolo ricoprirà?
Già nella prima edizione parlavo molto con il pubblico durante i fuori-onda. Quest’anno abbiamo voluto ampliare anche questa parte unendo le due fasi, grazie anche alla presenza di Luciana Littizzetto. Luciana non si può contenere, fa quello che vuole, in maniera del tutto spontanea.
A cosa ti sei ispirato per la creazione di questo programma?
Ho guardato molti show degli anni ’60. È chiaro però che conosco solo frammenti di vecchi programmi o personaggi della TV dell’epoca, italiana e non, però ho cercato di prendere ispirazione e di mettere assieme quello che ho imparato per creare un bello spettacolo.
La prima edizione è stata un successo. Senti un po’ la pressione di doverti ripetere?
La logica degli ascolti ovviamente persiste e speriamo di poter replicare quanto fatto con la prima edizione. Quando prepari uno show o un disco, c’è sempre un rischio. Per questo bisogna rischiare con coscienza e senza rimorsi. Cerco di fare sempre qualcosa di particolare e di re-inventarmi in ogni veste. Un po’ di ansia poi ovviamente c’è, specie quando faccio qualcosa di nuovo, ma la cosa importante è che ci sia sempre la musica, perché è la cosa che riesce a mettere sempre tutto in ordine.
Questione ospiti. C’è qualcuno che ti sarebbe piaciuto avere?
Mi sarebbe piaciuto avere gli U2. Dovevano venire, poi però non si è potuto per questioni di impegni che non coincidevano. Anche per i Thirty Seconds to Mars è andata così. La cosa che più mi interessava però era trovare ospiti che volessero davvero partecipare, perché la senti la differenza quando un artista ha voglia di farlo.
Cantante, presentatore e, per certi versi, anche attore. Hai avuto modo di cimentarti in diversi ruoli in questo mondo, che consigli vorresti dare ai giovani che ti seguono?
Ai giovani mi sento solo di dire: affrontate le vostre paure. Se hai paura stai facendo la cosa giusta. Non bisogna puntare a un successo momentaneo, le cose che ci possono sembrare inizialmente inutili o più noiose sono quelle che ci possono dare più soddisfazioni. All’inizio rimasi davvero sorpreso del successo e non vi nascondo che forse serve tutta una carriera per capire come gestirlo. Ora, come all’inizio, cerco sempre di collaborare con qualcuno che mi aiuti a capire anche chi sono. La mia storia è un po’ “alternativa”, è come se avessi una carriera diversa in ogni paese, ma ciò non toglie che sono sempre io. E anche dietro questo show ci sono dietro io e spero possa coinvolgere tutti coloro che da casa lo seguiranno.
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