È giusto che il cinema ci mostri la violenza in tutta la sua crudeltà? A cosa serve? Ad esorcizzare in qualche modo, questo nostro mondo pieno di ferocia, di aggressività, di “atti violenti in luogo pubblico”? O, sostanzialmente, è solo “messa in scena”, “sport”, “hobbies” che poi sfocia immancabilmente in sparatorie, omicidi e violenza gratuita per emulazione? A parte la disquisizione che potremmo portare avanti all’infinito con seguaci / cultori / sponsor di ambedue le sponde del fiume – penso soprattutto ai fan dei generi cinematografici “violenti” che inquadriamo nell’horror, nello splatter sino ad arrivare ad un certo filo dei noir – la domanda è un’altra: perché mettere in scena un mondo violento quando il nostro, quello in cui viviamo, lo è forse anche più che nello schermo? American Assassin non grida violenza gratuita. Grida realtà di questi anni 2000, pieni di dubbi, incertezze, paure, e buio.
La trama: Lo studente universitario Mitch Rapp (Dylan O’Brien – Maze Runner: La rivelazione (2018), American Assassin (2017), Deepwater – Inferno sull’Oceano (2016), Maze Runner: La Fuga (2015), Maze Runner – Il labirinto (2014), Gli stagisti (2013), The First Time (2012), ) è un atleta promettente senza un solo problema al mondo. Quando la fidanzata rimane vittima di un attacco terroristico che miete centinaia di cittadini americani, invece di elaborare il lutto e cercare conforto nei propri cari, Mitch incanala la rabbia in un faticoso programma di addestramento della CIA. Assoldato prima ufficiosamente e poi ufficialmente dall’agenzia di sicurezza nazionale, si sottopone per mesi a intensi sforzi fisici e prove psicologiche. Finché il veterano della Guerra Fredda Stan Hurley (Michael Keaton – Birdman, Out of sight, The Founder, Robocop, Need for speed, Quicksand, Jackie Brown, Molto rumore per nulla) non lo arruola per un’operazione clandestina di antiterrorismo, con l’obiettivo di indagare su una serie di attacchi previsti in Medio Oriente. Il giovane Mitch, incalzato dal rancore e dal desiderio di vendetta, seguirà un agente turco nella più grande polveriera d’Europa.
Chiariamo subito una cosa: qui non si tratta di esorcizzare la paura, il terrore o, in questo caso, la violenza nuda e cruda. Si tratta di mettere il reale nell’irreale. Sull’irreale. E sottolineare così quanto la violenza in sé sia così sciocca, così idiota e squallida da… evitarla. Ecco, questo American Assassin (tratto dal libro a firma di Vince Flynn edito in Italia da Fanucci Editore) vuole esprimere questo ed il messaggio finale è: la violenza è ridicola, se non fosse azione grave atta ad offendere vite. Ogni vita è preziosa, su questo siamo tutti d’accordo. E allora, perché interessi e scopi personali la “giustificano”, per i più? Un film deve far riflettere: porre domande e non risposte. Ed American Assassin assolve il suo compito, con scene si, crude, ma neanche poi troppo oltre il limite d’ingegno umano! E allora, se processate, intese e comprese, ben vengano le scene noir, a tinte forti, d’impatto. Per smascherare quella violenza, quella ferocia intestina comune a tutti gli uomini, sin dentro le viscere. Non si tratta di buoni e cattivi. Di schierarsi. Si tratta di, a prescindere, condannare ogni atto violento contro esseri viventi dall’alba dei tempi. Ridiamo della crudeltà? Assolutamente no. Le puntiamo il dito contro, la smascheriamo. La annulliamo. Perché, poi, alla fin fine l’importante è parlarne.
American Assassin – Recensione
7
voto
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