Guglielmo (Carlo Verdone) lavora da anni nel negozio di articoli sacri ereditato dal padre, attività che porta avanti senza troppo entusiasmo, pur dedicando tutte le sue giornate alla cura degli affari con il mondo ecclesiastico. Nel giorno del suo ventesimo anniversario di matrimonio viene lasciato dalla moglie Lidia (Lucrezia Lante Della Rovere), innamoratasi di un’altra donna e decisa ad assecondare la sua vera natura. Rimasto solo, Guglielmo fatica a mettersi alle spalle la vicenda. Solo l’arrivo dell’eccentrica Luna (Ilenia Pastorelli), nuova commessa del suo negozio, sconvolgerà completamente le sue giornate, non sempre necessariamente in meglio.
Le ultime uscite cinematografiche di Carlo Verdone avevano davvero spaventato la quasi totalità dei fan della commedia italiana. Due film scialbi, poco ispirati e dalla qualità a dir poco scadente avevano visto la partecipazione di un Verdone irriconoscibile, completamente offuscato da prodotti non all’altezza. Se Sotto una buona stella portava a casa la sufficienza solo per l’ottimo duo con Paola Cortellesi, L’abbiamo fatta grossa è ciò che di più sbagliato una produzione cinematografica possa partorire: coppia comica Verdone-Albanese assolutamente mal amalgamata, sceneggiatura aberrante, finale quasi offensivo per lo spettatore e per il cinema tutto.
Verdone, con Benedetta Follia, fa piazza pulita del “vecchio” di cui si era circondato e decide di affidare le proprie sorti cinematografiche al duo Guaglianone-Menotti, sceneggiatori dello straordinario successo Lo Chiamavano Jeeg Robot. Proprio dal capolavoro di Gabriele Mainetti pesca anche la nuova co-protagonista, Ilenia Pastorelli. L’emergente attrice sprizza così tanta “romanità” da essere il fattore perfetto per la nuova ricetta del regista-attore romano. La ventata di aria fresca che Benedetta Follia genera non è altro che la naturale conseguenza di una serie di accorgimenti e di innovazioni, capaci di riscrivere completamente “l’ultimo Verdone”.
Non siamo più davanti ad un rassegnato protagonista: Guglielmo è un uomo distrutto dalla separazione con la moglie ma che, grazie all’arrivo di Luna, si convince lentamente di quanto voglia tornare a vivere. Non è una crisi di mezza età, più una presa di consapevolezza che sconfina nell’eccesso, nella sregolatezza, nella voglia di vivere oltre ogni limite. Questo stride con un personaggio lontano da un simile mondo, legato alle formalità e alle rigidezze ecclesiastiche, poco avvezzo ai social e al “moderno”. Qui entra in gioco Luna, personaggio completamente opposto che sprigiona vitalità ed esuberanza. Ilenia Pastorelli, con la sua innata capacità di essere se stessa anche nella recitazione, è l’emblema della spontaneità che mancava agli ultimi film di Verdone. Finalmente torna un personaggio vero e vicino nei suoi difetti e nelle sue particolarità, finalmente il regista romano torna a raccontare la realtà e le persone che la animano.
Il dualismo che si instaura fra Guglielmo e Luna non viene ricondotto ad una banale storia d’amore, scelta che sarebbe stata tanto telefonata quanto stucchevole, ma a qualcosa di molto più profondo. Siamo di fronte a due persone deluse dalle proprie esperienze di vita che si aiutano l’un l’altro per andare oltre se stessi: Luna è necessaria per Guglielmo, Guglielmo per Luna. E’ un legame inspiegabile necessario per risollevare le vite di entrambi. Benedetta follia scorre su questi binari accusando una leggera flessione narrativa (e di ritmo) nel segmento che precede l’avvicinarsi dell’epilogo. Le scelte di sceneggiatura, invece, sono quasi tutte vinte: da un Verdone rivisitato, a tentativi di citazionismo alle opere passate, fino a “psichedelica” sperimentazione.
Benedetta follia colpisce perché sa essere diverso da ciò a cui l’ultimo Verdone ci aveva abituato. La novità del prodotto sta nei suoi temi, nei valori che porta, nella risata che, grazie alla sua freschezza e spontaneità, sa generare nello spettatore. Colui che per decenni ha raccontato di personaggi straordinari nel loro essere ordinari, torna a presentarci una storia, osando lì dove è necessario, sdoganando un’impalcatura drammaticamente pericolante. Perché a volte per ritrovare la via è necessario un azzardo, un salto nel buio, una follia. E sia benedetta, quest’ultima salvifica follia verdoniana.
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