In una Roma dei giorni nostri, dopo 80 anni dalla sua scomparsa, Benito Mussolini è tornato.
La Porta Magica di Piazza Vittorio è lo stargate che ne permette il passaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi, almeno cosi sembriamo. Il suo ritorno viene casualmente filmato da Andrea Canaletti, un giovane documentarista con grandissime aspirazioni, ma con pochissimi successi.
Credendolo un comico, un attore che interpreta alla perfezione Benito Mussolini nei modi e nel linguaggio, Canaletti decide di renderlo protagonista di un documentario che potrebbe permettere al suo sogno di approdare al cinema.
I due iniziano cosi una convivenza che, tra viaggi per l’Italia, ospitate tv e curiosi momenti di confronto con gli italiani di oggi, porta il Duce a farsi conoscere e riconoscere sempre di più, al punto tale da diventare il protagonista di uno show televisivo, con lo scopo preciso di riconquistare il paese, credendo, come egli stesso afferma, che la Provvidenza gli abbia dato una seconda opportunità.
Attraverso i media e i social, oggi come allora, sa che “la propaganda”, di cui egli stesso fu artefice, è il mezzo più efficace per creare ed ottenere consensi. E cosa nutre il potere di un dittatore, se non il più alto consenso popolare?
Sono Tornato diretto da Luca Miniero e sceneggiato dallo stesso regista con Nicola Guaglianone non è un film su Mussolini, di cui tutti conosciamo le vicende legate alla storia del nostro paese o dovremmo.
Il film non giudica il suo operato, ma, con la grande maestria della commedia, offre uno specchio dell’Italia che viviamo, degli italiani che siamo, senza ricordarci chi fummo. Tutti afflitti da un Alzheimer inverso che ricorda oggi, dimenticando ieri. Il tremore della paura non è causato dal ritorno di un dittatore, quindi, ma dalla pericolosità dell’abitudine al non avere consapevolezza da parte di un popolo, all’indulgenza verso il proprio disinteresse alla vita pubblica e politica, all’ abituale comodità al delegare quelle che dovrebbero essere le nostre scelte, alla necessità di avere un padrone a cui affidare la nostra libertà, quasi fosse un caos da ripulire con ordini ben precisi e non con la responsabilità dell’autocoscienza.
Anche se il film non giudica, né processa, risponde alla domanda “se tornasse davvero?” con un’affermazione del giovane documentarista “non esiste una seconda opportunità; esiste la possibilità di fare due volte lo stesso errore”.
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