L’atteso ritorno del regista Kim Ki-duk approda sul grande schermo il 12 aprile 2018. Con “Il prigioniero coreano” il visionario regista affronta un tema attuale quanto massiccio, ovvero l’eterno conflitto tra Corea del Nord e Corea del Sud.
Un uomo, il povero pescatore Nam Chul-woo, abita in un villaggio della Corea del Nord. La sua tranquilla quotidianità viene brutalmente interrotta quando la rete si incastra nell’elica della sua barca. In seguito a un guasto, Nam Chul-woo viene spinto dalla corrente verso il Sud, in territorio “nemico”.Da qui inizia il suo calvario, e fra torture, infiniti interrogatori e ogni tipo di violenza, il pescatore tenta disperatamente di tornare nella sua patria. Attraverso gli occhi puri di Nam Chul-woo il regista ci mostra un paese spaccato, sul piede di guerra, scosso da una faida che dura da più di mezzo secolo. E se, da una parte, il film evidenzia le differenze dei due paesi, dall’altra ne sottolinea le analogie. Nam Chul-woo è testardo e incorruttibile, ma questo clima di terrore e dissociazione politica alla fine tocca anche lui, come a sottolineare che una guerra non è mai giusta, né equa. Non importa chi ha ragione e chi no, questo spacco, allargandosi, inghiotte case e persone, lasciandosi alle spalle nient’altro che desolazione.
«Con“Il prigioniero coreano” ho voluto mostrare un paradosso: guardate come sono simili Nord e Sud. “Là” c’è la dittatura, “qui” la violenza ideologica. E non si tollera che un povero pescatore del Nord, finito per caso fuor d’acqua, voglia tornarsene a casa […] Non si può demonizzare un intero popolo. Il Nord non è solo la Dinastia dei Kim: la gente viene prima». Il regista Kim Ki-duk commenta così il suo ultimo lavoro, evidenziando che un paese è prima di tutto di chi lo abita. E se si osservano le cose in questa prospettiva, è realmente possibile appianare tutte le differenze – apparentemente insormontabili – tra la Corea del Nord e quella del Sud.
Crudo, realistico, spesso violento, “Il prigioniero coreano”racchiude in sé molteplici sfumature. Diversi i piani di lettura possibili: per un film così “stratificato” non potrebbe essere altrimenti. E sebbene l’argomento trattato non sia una notizia dell’ultima ora, il modo in cui viene affrontato è decisamente nuovo, diverso, illuminante. Cristallino e veritiero, il film è un’istantanea scattata durante una guerra troppo lunga e faticosa, nella quale possiamo osservare tutti i piccoli particolari che compongono l’insieme, riuscendo ad avere una visione globale e allo stesso tempo focalizzata sul minimo dettaglio.
Il Prigioniero Coreano – Recensione
7
voto
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