Il terribile e sanguinario Thanos, animato dal desiderio di dominare l’Universo per poterne dimezzare le forme di vita in esso presenti, è alla spasmodica ricerca delle sei Gemme dell’Infinito, artefatti che garantiscono al possessore illimitati poteri su realtà, tempo e spazio, potere, mente e anima. Gli Avengers, dismessi dal Governo e separitisi, si preparano ad affrontare l’incombente minaccia mentre, dall’altra parte dell’universo i Guardiani della Galassia, in compagnia di Thor, provano ad anticipare le mosse di Thanos, tentando di sottrarre le gemme non ancora in suo possesso. Il potere del Titano però, di gemma in gemma, cresce sempre di più.
Un universo cinematografico, tre fasi, diciotto film. Tanto è servito ai Marvel Studios per raccontare, in dieci lunghi anni, le gesta di quei supereroi che dai primi del Novecento animano le pagine degli spillati della “Casa delle Idee”. Per chiudere un ciclo destinato a rimanere impresso nella storia della cinematografia di consumo, soprattutto per aver coniato il filone del cinecomic come oggi lo conosciamo, non poteva non essere scelta un’avventura appassionante come la Thanos Quest. L’epopea della caccia alle Gemme dell’Infinito, già introdotte nei precedenti lungometraggi Marvel attraverso riferimenti più o meno celati (a volte anche nelle stesse scene post-crediti), rappresenta la summa di un percorso in cui si riuniscono tutti i protagonisti dei pilastri del Marvel Cinematic Universe, dai più approfonditi Captain America, Iron Man e Thor, ognuno forte di una personale trilogia, ai supereroi più “giovani” di Burbank (Spider-Man, Black Panther, Doctor Strange). Si uniscono poi i Guardiani della Galassia, antieroi per antonomasia e icone del dittico (a breve trilogia) più sorprendente del MCU.
Attraverso il più classico dei “mischioni” made in Marvel si estrinseca un concetto di cinecomic che, diversamente da Captain America: Civil War e i due precedenti capitoli degli Avengers, rompe il tradizionale binomio action-adventure e comicità. Se alcune delle ultime produzioni Marvel avevano infatti evidenziato tutti i limiti di maturità a livello contenutistico (Thor: Ragnarok), Avengers: Infinity War riporta la discussione su un piano decisamente più serio e strutturato su idee cinematografiche ben precise, a partire da un villain costruito come da tanto non si vedeva nell’universo narrativo Marvel. Thanos va ben oltre il semplice concetto di “supercattivo” ed incarna due componenti di spessore capaci di renderlo un personaggio profondo e pluridimensionale: etica ed umanità. Ogni sua azione non è frutto di necessità narrative né schiava del mero incedere delle vicende, ma rappresenta l’esternazione di un’ideologia di fondo che Thanos persegue ed è determinato a raggiungere: il suo credere fermamente nello sterminio indiscriminato della popolazione dell’Universo per ragioni di “sostenibilità” non sarà forse la più originale (anche cinematograficamente parlando) delle idee, ma dona una coerenza di fondo difficilmente riscontrabile in altre produzioni “supereroistiche” al personaggio. Personaggio approfondito anche dal punto di vista psicologico, lì dove i concetti di “umano nell’inumano” ben si inseriscono nelle vicende raccontate, soprattutto relative al passato del villain. Thanos è dunque il degno contraltare di supereroi che hanno quasi esaurito il loro potenziale filmico ed è capace, con la sua sola presenza, di ravvivarne le gesta. Ha una storia personale, una storia da raccontare e, al contrario di molti altri villain cinematografici, qualcosa da perdere. Sbilanciandoci, potremmo definire proprio lo stesso Thanos come indiscusso dominatore di un film in cui, malgrado i ruoli per essi ritagliati, Avengers e compagnia fanno fatica ad imporsi sullo schermo. Atteso da anni, rende Infinity War il suo one-man-show (come è giusto che sia), suscitando nello spettatore, fin dalle prime scene, il desiderio di vederlo nuovamente all’opera.
Lo snodo narrativo non segue schemi particolarmente complessi: attraverso differenti filoni che coinvolgono gruppi di supereroi ci si riallaccia ad un finale congiunto. In questi percorsi separati si toccano tutti gli aspetti già affrontati dalle precedenti fasi Marvel, passando da New York al Regno di Wakanda attraverso le mete più recondite dell’Universo. Ogni filone è avvincente e si adegua ai toni dei suoi protagonisti: ricco di gag sfacciate il quadro che racchiude Thor e i Guardiani della Galassia, molto più incline a toni drammatici il segmento guidato da Iron Man e Doctor Strange, benché anche qui non manchi una carica comica dettata dal collaudato duo Tony Stark-Peter Parker. I toni si incupiscono, la minaccia è seria ed è affrontata dal mondo Marvel come nessun’altra prima: la transizione, anche alla luce di un epilogo spiazzante, trova la sua ragion d’essere in un cambio di rotta, dopo dieci anni, quantomai necessario. Infinity War riassume questa decade con un incessante mix di azione e avventura con tinte di mistero. Non manca la spettacolarità nel film che, sostanzialmente, è la realizzazione del sogno di ogni piccolo fan Marvel che, leggendo la Thanos Quest, l’Infinity Gauntlet e l’Infinity Watch, ha sempre sognato di vedere sullo schermo di un cinema la più grande riunione di supereroi prendere vita.
Con un’ottima gestione dei ritmi e dei personaggi, oltre che con la sapiente distribuzione di un colpo di scena dopo l’altro, l’opera dei fratelli Russo stabilisce un ponte con un futuro ignoto, e lo fa consegnandoci una Marvel, almeno in parte, diversa dal solito. Se nel futuro vi sarà una soluzione di continuità (magari con uno sviluppo dell’universo più maturo e adulto Marvel MAX) o se verrà continuata la linea della Fase in corso, con i già annunciati Guardiani della Galassia 3, Ant-Man & The Wasp e Captain Marvel, non ci è dato saperlo. E’ interessante notare però come, dopo le controversie di Ragnarok, si sia voluto chiudere con contenuti che abbiano in qualche modo saputo rinfrescare una linea stilistica enormemente battuta.
Siamo forse di fronte al primo “cinecomic dark” sfornato da Burbank, e questo non potrà che essere apprezzato. Conoscendo però l’innata abilità dei molteplici universi Marvel di riesumare personaggi, riproporre storie e reinventarsi ogni volta (da ormai quasi 80 anni), è lecito pensare che quello che gli Avengers hanno costruito non sia destinato a concludersi qui, ma che, come nella più classica delle allegorie cinematografiche, la fine non sia altro che un nuovo inizio: dopotutto, il materiale su cui lavorare, dopo i già citati 80 anni, sembra sconfinato. I sogni e le fantasie degli spettatori non sono da meno.
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