Maria Maddalena, nelle sale dal 15 marzo, è il nuovo film di Garth Davis che ha fatto molto discutere per le grandi aspettative circa il tema trattato: gli ultimi mesi di vita di Gesù descritti attraverso gli occhi di una donna carismatica, che solo recentemente, è stata riabilitata dalla Chiesa come figura spirituale e non solo come la meretrice di cui si è sempre raccontato.
Siamo nel 33 d.C. a Magdala, sul lago di Tiveriade. Maria Maddalena è una giovane donna che sa già ciò che vuole dalla vita e si ribella alla sottomissione che la società e la famiglia le impongono. Il padre la vuole sposata ad un uomo della comunità, ma lei non lo ama e non vuole il matrimonio. A causa di questo atteggiamento ostile e inusuale, la famiglia crede sia posseduta dal demonio e cerca in ogni modo di esorcizzarla, ma l’arrivo di Gesù di Nazareth sarà la sua salvezza. Con coraggio si ribella ai dogmi della società del tempo, che vuole le donne completamente sottomesse agli uomini, e affascinata dalle parole del Messia decide di lasciare il villaggio e seguire Gesù insieme agli apostoli verso Gerusalemme. All’inizio non viene accettata dal gruppo ristretto dei fedeli proprio per il suo essere donna, ma alla fine diventa una figura influente, e l’unica capace di capire veramente il messaggio del Profeta.
In questo film si ha una donna che si ribella grazie alla gentilezza. Bellissima interpretazione di Rooney Mara che riesce a mostrare al meglio la donna forte che contro tutti lotta per i suoi ideali, per essere libera di pregare e seguire il Profeta in cui tanto crede.
Benché forte però, l’incredibile dolcezza del personaggio mantiene il film sottotono, grazie anche ai lunghi silenzi e alla trama piuttosto piatta. Ovviamente, conoscendo già la storia, non ci si aspetta colpi di scena o momenti di phatos, ma quando si sceglie di riportare sullo schermo una narrazione biblica, l’empatia con il pubblico la si crea attraverso i dialoghi, che qui sono piuttosto scarni.
L’interpretazione di Gesù (Joaquin Phoenix) non ha aiutato. Negli anni i grandi colossal biblici ci hanno abituato a vedere il Profeta che trascina le masse pur rimanendo umile, con gran carattere e spiritualità nell’accettare il cammino che il Padre ha scritto per lui. Qui invece vediamo un semplice uomo che compie miracoli senza tanto clamore, sempre corrucciato e appesantito dalla sua missione. Più che un Messia sembra un santone spesso frainteso dai suoi discepoli che si mostrano delusi quando non si comporta come loro si aspettano. Il personaggio di Giuda (Tahar Rahim) ha avuto una originale reinterpretazione, tradisce Gesù per l’ingenuità e l’impazienza di poter riabbracciare la sua famiglia grazie alla venuta del Nuovo Regno, non è un vigliacco traditore ma un uomo che ha perso tutto e agisce senza malizia. Pietro (Chiwetel Ejiofort) invece ci sconvolge letteralmente per quanto risulta ottuso e sgradevole nel mostrarsi geloso per l’accettazione di una donna nel gruppo degli apostoli.
Come per “Troy” di Wolfgang Petersen, le licenze poetiche che si sono concessi Davis e le sceneggiatrici Heleln Edmundson e Philippa Goslett lasciano nello spettatore una sorta di fastidio per la storia rivisitata e per certi versi stravolta dall’originale. Manca la descrizione del vivere nella società di quel tempo e si è in eccesso di invettiva e superficialità. Alla Maria Maddalena di Davis manca un po’ di sana tradizione religiosa.
La potenza del messaggio di Gesù e il rapporto tra lui e Maria Maddalena non vengono approfonditi come ci si aspetta, e non sono messi in primo piano nemmeno alla fine quando Maria Maddalena dimostra di essere l’unica ad aver veramente compreso il messaggio di Gesù. L’emancipazione e la ribellione di questa donna, che dovrebbe cambiare la sua visione del mondo, sono messaggi che emergono in maniera troppo marginale dovendo invece essere il fulcro portante della narrazione.
Ad aiutare la grande performance di Rooney Mara c’è l’incredibile scenografia. L’impatto visivo è davvero coinvolgente. Davis, dopo Lion, afferma le sue qualità dietro la cinepresa offrendoci immagini suggestive, immensi spazi resi straordinari dalla fotografia di Greig Fraser.
Un film nel complesso piacevole da vedere se lo si fa in maniera distaccata dalla narrazione che ci si aspetta pensando alla storia degli ultimi mesi di vita di Gesù, ma penalizzato da un copione scarno che non riesce a mettere a fuoco i veri temi che lo spettatore si aspetta, ovvero la continua lotta delle donne per l’emancipazione, iniziata da una semplice ragazza che sconvolge le masse per seguire la sua fede.
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