A tre anni di distanza dai catastrofici eventi di Isla Nubar, culminati con la devastazione e distruzione di Jurassic World, i dinosauri sopravvissuti continuano a vivere sull’isola, benché essa sia minacciata dal brusco risveglio del vulcano dormiente che vi si trova. Di fronte alla possibilità di un’imminente nuova estinzione della specie, il governo statunitense decide di non stanziare fondi per portare in salvo i rettili. L’operazione viene invece intrapresa da Benjamin Lockwood, partner del defunto John Hammond nella creazione degli originari dinosauri del Jurassic Park, che non è intenzionato a sprecare il patrimonio genetico del miracolo compiuto anni prima. Oscuri interessi, però, si celano nei meandri della sua stessa villa.
Nel 2015 forse pochi si aspettavano che Jurassic World potesse effettivamente riportare degnamente alla luce una saga così iconica. Eppure Chris Pratt, vestiti i panni del domatore di Velociraptor, aveva saputo conquistare il pubblico con il giusto mixdi actione comedye, insieme alla regia di Colin Trevorrow (stavolta alla sceneggiatura), creare un prodotto avente molto dello spirito dell’originale di Spielberg. Jurassic World – Il regno distrutto arriva dunque al banco di prova del “secondo capitolo” con la necessità di confermare quanto di buono fatto con l’operazione reboot.
Lo scenario post-apocalittico in cui sono calate le vicende post-Jurassic World è sicuramente azzeccato: coinvolgente e dolcemente inquietante, la Isla Nubar in rovina rappresenta potenzialmente un settinginteressantissimo. Dopo una prima parte di raccordo con il capitolo precedente e un approfondimento psicologico del personaggio di Owen, restìo al ritorno nel Parco, ridotto praticamente all’osso, il film si incanala sui binari della nuova vicenda, una sorta di rescuemoviedalle tinte crime. Fino alla prima metà dei complessivi 128 minuti la pellicola scorre con un discreto ritmo: là dove dovrebbe inevitabilmente premere sull’acceleratore per il rush finale, però, perde sostanzialmente la via.
Forse lo sprint verso l’epilogo parte troppo presto, o forse ancora l’ennesimo inseguimento dinosauro-umani della saga, benché venga ambientato nei claustrofobici corridoi della villa, non sembra riuscire a dare la giusta propulsione alle ultime battute. Principalmente l’ultimo scaglione assume toni interminabili, monotoni e decisamente contrastanti con ciò che si vede a schermo. La vicenda non è interessante, il proseguo ancor meno, e tutta la goffaggine del finale tentativo actionsi scontra con una pochissima ispirazione di fondo.
Percorrendo pericolosamente i già battuti sentieri di Jurassic Park – Il mondo perduto, la saga ci mostra senza remore come rischi di incanalarsi in un erroneo imbuto, dopo aver dimostrato di non poter produrre un secondo capitolo all’insegna dell’intrattenimento, ciò che principalmente si richiede ad un prodotto di questo tipo. Se il poter nuovamente osservare e vedere in azione i dinosauri è il sogno divenuto realtà di grandi e piccoli, è vero però che a Jurassic World manca la magia, la sensazione di far parte di qualcosa di straordinario che per anni ha fatto la fortuna della saga. E’ come se il regno “distrutto” abbia definitivamente spazzato via quel Jurassic World definitivamente “perduto”.
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