Bad times at the El Royale (7 Sconosciuti a El Royale), prima proiezione del festival, inaugura la Festa del Cinema di Roma nel migliore dei modi. Un cast noto – tra cui Chris Hemsworth e Dakota Johnson – mette in scena uno spettacolo a tratti esilarante, ma allo stesso tempo in grado di far riflettere il pubblico.
El Royale è uno sporco e fetido hotel, ormai dimentico dell’antico splendore di cui era capace. Situato sulla linea di confine tra il Nevada e la California, l’albergo sembra anonimo e sull’orlo di crollare a pezzi. Al suo interno, sette ospiti – tutti sconosciuti tra loro – si troveranno a intrecciare inesorabilmente le loro esistenze. Ognuno porta con sé i suoi bagagli – reali o metaforici che siano – che custodisce gelosamente al riparo da occhi indiscreti. Tutti raccontano la propria storia, o almeno ne forniscono una personale versione. Ma a El Royale nulla è come sembra, e gli ospiti se ne renderanno perfettamente conto durante una cruciale notte di tempesta.
Bad times at the El Royale è un film sui generis. La pellicola di Drew Goddard mescola i generi e allo stesso tempo ne è al di sopra. A tratti ironico e scanzonato come una commedia, unisce a questa leggerezza momenti di pura intensità tipici del dramma. Non manca la suspense del thriller, e persino le battaglie sanguinose che denotano lo splatter. A prescindere dalla categorizzazione, il film racconta le storie dei protagonisti utilizzando il linguaggio più consono al momento. Il film è scandito in capitoli, incentrati su uno o l’altro personaggio. Lo stile ricorda il “Four Rooms” di Tarantino, non solo per la vicinanza di location.
I personaggi rappresentati in “Bad time at the El Royale” sono “sporchi”, spigolosi, ma comunque non si fatica a simpatizzare con loro. Il film ci offre una panoramica sul passato dei protagonisti, che inevitabilmente si confronta – e spesso scontra – col presente. Tutti quanti si sono macchiati di azioni deplorevoli, meschine, spesso al confine della legalità, eppure si arriva alla fine del film con la consapevolezza che ognuno degli ospiti ha una propria moralità. Questa spesso è in conflitto con quella comune, ma loro vi restano fedeli sino alla fine. La fatidica notte di tempesta segna per loro un confine tra ciò che erano e quello che automaticamente diventano alle prime luci dell’alba. In una sorta di mea culpa, tutti loro fanno ammenda e trovano, sotto quella pioggia purificatrice, una possibilità di redimersi che non tutti sanno cogliere.
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