Una coppia di ragazzi, Manuel e Martina, si ritrovano a fare da corrieri per la droga. A corto di denaro, i due vengono allettati dalla proposta di alcuni narcotrafficanti che promettono loro soldi facili. Il loro compito è quello di trasportare cocaina in ovuli, passando il confine tra Bolivia e Argentina. Un lavoretto da poco che doveva risolversi facilmente, diventa per i due sempre più gravoso. Qualcosa va storto, e Manuel muore per la dispersione di sostanze stupefacenti nel suo corpo. Sola con il corpo inerme di Manuel, la ragazza inizia a ricevere le pressioni della malavita, che bramano per avere la loro merce. Spaventata e messa alle strette, Martina decide di chiedere aiuto all’unica persona che può tirarla fuori dai pasticci: suo padre. I due non si parlano da molto tempo, in quanto Martina non è mai stata riconosciuta dal genitore. Una vecchia ferita che però sanguina ancora, e che – date le circostanze – avrà la possibilità di guarire.
Senza infamia e senza lode, Sangre blanca rimane piatto per tutta la sua durata. La storia è priva di punti salienti e interessanti, ma pure lo stesso linguaggio utilizzato pecca di monotonia. Il film scorre lento e inesorabile verso una fine già prevista dallo spettatore, a cui viene meno il gusto della sorpresa. Anche i personaggi mancano di caratterizzazione, non vengono descritti se non per quanto riguarda il “qui e ora”. Fanno accenni a un passato misterioso, che però rimane tale. Nessun dettaglio viene fornito, ed è impossibile penetrare la psiche dei protagonisti o inquadrare il loro carattere. Persino la fotografia è monocromatica, e contribuisce a rendere il film piatto, dove ogni sorta di spessore e tridimensionalità è assente.
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