Felix Van Groeningen dirige un caleidoscopico Steve Carell, in grado di mostrarci il suo lato più intimo e versatile nel film Beautiful boy. A parte le interpretazioni di Carell e Timothée Calamet, il film ha ben poco di memorabile.
Nic Sheff è un diciottenne modello. Egregio studente, bravo nello sport, coinvolto nelle iniziative scolastiche e circondato da amici che gli vogliono bene, Nic conduce una vita tranquilla – quasi rosea. Ma tutto ciò non sembra abbastanza per il ragazzo, che continua a cercare lo sballo in ogni tipo di droga. La sua condotta cambia violentemente rotta, e Nic si trova presto dipendente dalla metanfetamina. Suo padre, David Sheff (interpretato da uno straordinario Steve Carell), è deciso a far disintossicare il figlio. Sacrifica alla causa tempo ed energie, ma troppo spesso non ottiene il risultato sperato. Nic entra ed esce dalle cliniche, rimane sobrio per mesi, per poi ricadere in quell’orribile tunnel che è la droga. Suo padre gli rimane vicino in ogni circostanza, deciso a salvare la vita di quello che per lui sarà sempre il suo “bellissimo ragazzo”. Nonostante l’impegno eclatante, Steve si rende presto conto di lottare con le unghie e con i denti contro un mostro forse troppo più grande di lui.
Il film è basato sul bestseller di David e Nic Sheff, dove padre e figlio raccontano la loro storia di infinite battaglie – e altrettante sconfitte. Nic è un adolescente come tanti altri, con un forte senso di inadeguatezza tipico di questo periodo, che trova pace sono nelle droghe che lo tengono prigioniero. David invece è un padre modello, sempre attento – forse troppo? – ai bisogni dei suoi figli. Con Nic sente di aver fallito, per non essere in grado di salvarlo da se stesso. Si colpevolizza come solo un genitore sa fare, prendendo sulle sue spalle la responsabilità delle scelte sbagliate di Nic. Nell’esplorare il fragile rapporto di un padre premuroso con un figlio tossico, il film è in grado di sfiorare punti molto sensibili con una delicatezza non comune.
Beautiful boy non ti lascia addosso quella sensazione di empatia che un film del genere dovrebbe suscitare. Nonostante Carell sia in grado di stabilire un contatto col pubblico, che riesce facilmente a schierarsi dalla sua parte e a connettersi con questo padre coraggioso, tanto non basta a far sì che il film sia ben riuscito. A fine proiezione il film quasi scivola via, senza rimanere “appiccicato” nella mente di chi lo guarda. Come un’impronta sulla sabbia, Beautiful boy non è capace di imprimersi e attecchire sullo spettatore, nonostante ci siano tutti i presupposti per farlo.
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