Il regista Premio Oscar Barry Jenkins (reso famoso dal successo di “Moonlight”) torna a dirigere un nuovo film, Se la strada potesse parlare (If Beale Street could talk). Incentrato sul razzismo e la prevaricazione subita dai neri negli anni ’70, il film delude leggermente le aspettative per la ripetitività del tema, e la poca maestria nello sviluppare una storia originale che sappia distinguersi da tutte le altre analoghe.
Harlem, anni ’70. Il quartiere è un rumoroso fermento di vita e speranze vane, quelle dei neri che lo popolano. A quei tempi il razzismo era ancora all’ordine del giorno, e gli afroamericani non erano ben visti. Relegati in una sorta di ghetto, e invisibili alla società, i neri fanno comunità a parte. In questo clima di odio, sboccia l’amore tra Tish e Alonzo. Giovanissimi e pieni di sogni, i due ragazzi si ritrovano innamorati dopo un’infanzia trascorsa insieme. Tish e Alonzo vogliono costruirsi un futuro, e grazie ai loro sacrifici iniziano una nuova vita insieme. Ma i loro idilliaci progetti vengono brutalmente spezzati da un tragico avvenimento. Una donna riconosce Fonny (soprannome di Alonzo) come suo stupratore, e il giovane viene arrestato con l’accusa di aggressione. Nonostante l’alibi di ferro, la polizia non ne vuole sapere di ascoltare le ragioni di Alonzo, che continua a rimanere prigioniero di questo malato meccanismo. Tish, incinta del suo compagno, proverà in tutti i modi di far uscire di prigione Fonny, ma le probabilità di successo sono davvero scarse.
L’argomento del film è già stato ampliamente trattato nel corso della storia del cinema. Il razzismo, inquadrato in un periodo storico nel quale era più che diffuso, è il tema centrale di Se la strada potesse parlare (If Beale Street could talk). La difficile condizione dei neri viene raccontata con gli occhi di chi quel disagio lo vive, e ogni giorno cade vittima di soprusi, prevaricazioni e giochi di potere dell’uomo bianco. Ma il “nemico” non è solo al di fuori, spesso si nasconde dietro visi di falsi amici. Lo sa bene la coppia protagonista della pellicola, che lotta contro il destino avverso, una giustizia che risulta difficile definire tale, ma anche contro i pregiudizi di una madre bigotta e ipocrita.
Se la strada potesse parlare (If Beale Street could talk) ha ben poco di innovativo. La storia è quella di milioni di neri torturati e perseguitati nel corso dei secoli, e nulla di nuovo aggiunge questo racconto. La trama è ampliamente sfruttata, e il punto di vista offerto anche troppe volte visto. Inoltre il processo, che dovrebbe rappresentare uno dei punti chiave del film, non viene mostrato, né se ne parla più di tanto. Nel complesso il film è carino, ma non si distingue dalla massa.
Una menzione speciale ai costumi, che con i colori sgargianti e i tagli sempre molto chic tipici di quell’epoca, sono in grado da soli di catapultarci nella Harlem degli anni ’70.
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