Monsters and Men, sotto la regia di Reinaldo Marcus Green, ci porta tra le strade della Brooklyn dei giorni nostri, dove le strade di Bed-Stuy sono testimoni dell’orribile omicidio di un ragazzo del quartiere. Lento, scontato e deludente, il film annoia sin dai primi fotogrammi.
Le strade di Bed-Stuy sono in fermento, in una notte qualsiasi nel quartiere di Brooklyn. In una sera come tante un ragazzo assiste a un terribile omicidio. Un uomo di colore viene fermato dalla polizia, che si accanisce contro di lui apparentemente senza motivo. In sei contro uno, iniziano a intimare l’uomo di collaborare con loro. Il protagonista, preoccupato per quell’uomo che conosceva bene, decide di riprendere la scena con il suo smartphone, per opporsi al comportamento dei poliziotti. Pochi istanti dopo il nero, disarmato e indifeso, viene brutalmente ucciso dalle forze dell’ordine. L’episodio, consumato sotto gli occhi di numerosi residenti, darà il via a un’indagine che vedrà coinvolto il corpo della polizia e la comunità stessa. Le storie e le vite di un poliziotto, un testimone, e un ragazzo si intrecciano, dando vita al complesso ritratto di una società in opposizione alla piaga del razzismo – che tenta in tutti i modi di estirpare.
Monsters and Men pare essere l’ennesimo film sul razzismo – e precisamente sull’omicidio di un nero per mano delle forze dell’ordine – presentato al Festival del Cinema di Roma. Troppo vicino come tematiche ad altri film, Monsters and Men non riesce a distinguersi nella massa, incapace di primeggiare sugli altri. La regia non conferisce al film particolare pregio, né il cast riesce a salvare in extremis una sceneggiatura piatta e intrisa di luoghi comuni. Il film annoia quasi lo spettatore, che in alcuni punti sembra perdere completamente l’attenzione verso lo stesso.
Monsters and Men ci offre diversi punti di vista di uno stesso episodio, ovvero l’uccisione di un ragazzo per mano della polizia. Tanto non basta però a rendere il film interessante, o degno di qualche merito. Il film pesso sfiora argomenti complessi con una superficialità disarmante, e anche quando invece vorrebbe analizzarli a fondo non riesce nel suo intento. Anonimo, come ce ne sono milioni in circolazione – forse anche realizzati in maniera migliore.
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