“E l’anima gli svanì lenta mentre udiva la neve cadere stancamente su tutto l’universo, stancamente cadere come scendesse la loro ultima ora, su tutti i vivi e i morti”. Questa frase di James Joyce, che chiude lo splendido racconto “The Dead”, è un po’ la chiave per leggere correttamente The Wife, il film di Björn Runge dal 4 ottobre nelle sale cinematografiche italiane. La chiave innanzitutto perché rimanda al mondo creativo in cui si dipanano le pagine del romanzo da cui è tratto, il mondo della letteratura. Poi perché viene citata con enfasi per ben due volte da uno dei due protagonisti, lo scrittore Joe Castleman.
A duettare magistralmente in questo film, che tradisce la formazione teatrale del regista svedese, sono Jonathan Pryce, lo scrittore, e Glenn Close, la moglie. Una coppia apparentemente felice e senza ombre, che vola gioiosa alla volta Stoccolma per ricevere dalle mani del re il Nobel per la letteratura, attribuito a Joe. Il loro ménage sembra all’inizio quello che tutti sogneremmo di vedere in un’anziana coppia, con intese, complicità e tenerezze che grondano da un amore profondo e temprato dai tanti anni di convivenza. Mano a mano che la vicenda si sviluppa, tuttavia, scopriamo che non è tutto oro ciò che luccica, e uno dei primi indizi sta proprio nell’esibizione di quella frase da Joyce, che lo scrittore ripete come in un numero collaudato del suo repertorio di autore geniale, sotto lo sguardo attento della moglie.
Le apparenze cadono poco alla volta come foglie morte, e rivelano una realtà ben diversa, dove emergono le frustrazioni della moglie Joan, che ha ceduto il palcoscenico al marito Joe e abiurato il suo talento. A lacerare il velo contribuiscono anche i sospetti dell’aspirante biografo dello scrittore, interpretato da Christian Slater.
“The Wife”, nonostante le intriganti implicazioni, l’incoraggiante avvio e l’occhio curioso con cui regala allo spettatore atmosfere svedesi e succosi dietro alle quinte del Premio più famoso del mondo, si perde un po’ a metà strada divenendo tedioso e prevedibile, per riprendersi solo alla fine con un crescendo drammatico. Rimane quindi soprattutto un film di attori, di grandi attori alle prese con dialoghi trascinanti e il ritratto acuto di una coppia che implode nelle sue dinamiche interne. Tratto dal romanzo di Meg Wolitzer, è candidato all’Oscar per il prossimo anno
Lascia un commento