Difficile descrivere l’emozione offuscata di malinconia e grave bellezza che il regista Richard Eyre riesce a soffiare nell’anima di questo film inglese del 2017, da poco in distribuzione nelle sale italiane. Rigoroso e senza orpelli, carico del sublime fardello di implicazioni esistenziali, Il Verdetto (The Children Act) è una pellicola in cui tutti gli elementi, a cominciare da una recitazione sobria e densa, la recitazione tutta sguardi e ombre del volto cui ci hanno abituato gli attori inglesi, concorrono a creare un’opera di altissimo livello riservata ai palati piu raffinati. Emma Thompson affronta qui uno dei suoi ruoli migliori e complessi, di cui riesce a esprimere appieno le sfumature più segrete. Non da meno Stanley Tucci, che alterna leggerezza e gravità con disinvoltura. E poi la sceneggiatura, calibrata e senza sbavature, dello scrittore e sceneggiatore Ian McEwan, ispirata al suo stessso romanzo “La ballata di Adam Henry“.
Il nodo centrale della vicenda sta nel contrasto tra l’imparzialità fredda della giustizia e l’elemento emotivo e sentimentale che viene ad inquinarla. Al giudice Fiona Maye (Emma Thompson) spetta l’arduo compito di dover scegliere se salvare la vita di un adolescente o rispettarne il credo religioso e lasciarlo morire. Adam Henry è infatti un Testimone di Geova, e la trasfusione che potrebbe guarirlo è considerata un atto sbagliato secondo la sua fede.
Cosa è giusto? Dove sta la retta via? Quale valore è più importante, la dignità o il vivere? Fiona, sull’onda dell’empatia, irrompe nella vita del giovane Adam stabilendo suo malgrado un’intimità di cui si sentirà poi responsabile. Il ragazzo, affascinato dalla personalità e della forza della donna, aspetta da lei tutte le risposte ai grandi e piccoli quesiti dell’esistenza, e la donna ne avverte il peso. Come non sfuggire a questo fardello, soprattutto quando la relazione tra questi due spiriti assetati di verità assume le tonalità inconfondibili dell’amore?
E questo riporta a un altro sottotesto della vicenda: uno sguardo profondo alla vita di coppia e al suo significato dopo anni di convivenza. Il tradimento fa capolino, ma mentre per il marito di Fiona, Jack (Stanley Tucci) si concretizza in una breve avventura sessuale, per la donna prende forma nella ben più profonda e ingovernabile infedeltà del cuore. Proprio lei, così coerente con i propri principi, così sicura nel suo cammino verso una giustizia morale priva di dubbi, cade dopo avere intravisto l’anima di Adam.
Il finale del film, che si avvia verso l’antitesi di un crescendo drammatico eppure sommesso e sussurrato, ha la poesia struggente di un racconto di Joyce, forse il più bello, quello che chiude la raccolta “Gente di Dublino“. La confessione dolorosa di Fiona a Jack ha la stessa intensità mesta e nostalgica di Gretta quando narra al marito Gabriel la vicenda dell’amante diciassettenne morto per amore. E forse non è un caso che il libro preferito di Ian McEwan sia proprio l’Ulisse di Joyce.
Bella come non mai nella sua splendida maturità, Emma Thompson guida il film affiancata da eccellenti partner come l’ineccepibile Stanley Tucci, appunto, e un dolente Fionn Whitehead, che ricordiamo giovane soldato in “Dunkirk“.
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