Nuovo appuntamento con la rubrica settimanale curata dal critico Roberto Lasagna, che ogni giovedì ci consiglia tre film da vedere nel fine settimana, scelti tra le ultime uscite in programmazione nelle sale cinematografiche. Sarà interessante vedere la nuova opera di Edoardo De Angelis, l’autore di Indivisibili, come pure la commedia con Alba Rohrwacher di Gianni Zanasi. Una produzione anglo americana, infine, per la biografia della famosa giornalista Marie Colvin.
Troppa grazia
Alba Rohrwacher esce finalmente dal cliché un po’ deprimente in cui è stata costretta e la commedia le fa bene, soprattutto nel caso del nuovo film di Gianni Zanasi, un regista intelligente che tratta con disincanto temi seri dimostrando coerenza rispetto a quanto raccontato nei suoi precedenti film (Non pensarci, La felicità è un sistema complesso). Questa volta ci troviamo in una piccola cittadina della provincia veneta dove una geometra trentaseienne disoccupata, madre singole con figlia adolescente, ha in visita la Madonna, che da subito lei non riconosce perché non credente, e le dice di fermare i lavori di costruzione di un nuovo gigantesco centro commerciale per edificare al suo posto una chiesa. E’ evidente che la religione in senso stretto c’entra poco. C’entra invece la necessità, in Veneto come nel resto del mondo post-industriale, di incontrare dentro di noi un’occasione straordinaria per contrastare le logiche aberranti che ci sovrastano e compiere gesti nuovi in armonia con quanto abbiamo di più intimamente magico. Zanasi punta sulla leggerezza, espressiva e tematica, per raccontarci la magia di un cambiamento possibile, dando alle note un po’ surreali del suo racconto una coloritura quasi da cartoon.
Regia: Gianni Zanasi – Genere: Commedia – Interpreti: Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Elio Germano, Carlotta Natoli. (Italia, Spagna, Grecia 2018). Durata: 110’.
Il vizio della speranza
Nello scenario crudo e desolato di Castel Volturno, stazione balneare abbandonata a nord di Napoli, tra il mare sporco e increspato e il fiume scuro, Edoardo De Angelis ambienta il suo quarto lungometraggio per ritrovare quella speranza che sembra davvero un vizio, un lusso per benestanti, anche per Maria, traghettatrice e complice di uno sconcertante abuso, a sua volta figlia della disperazione e bambina violata. Un’anima che sembra persa, tra una madre catatonica e un’amica pappona tossicomane, che sfrutta i corpi femminili per un mercimonio che ci riporta al già notevole Indivisibili, il film precedente di De Angelis. In questo nuovo film che conferma uno sguardo alto, il corpo femminile diventa, da fenomeno da baraccone, puro contenitore per la nuova schiavitù della maternità surrogata, involucro riempito e sfruttato in un gioco al massacro, in un ambiente in cui non c’è lo Stato, non ci sono diritti; dove, tra i clandestini africani, la cocaina e la prostituzione, i giorni si trascinano nella bieca indifferenza. La speranza è rappresentata dall’anima che affiora a un certo punto sul volto di Maria la cui solitudine infinita rimane colpita dalla fuga di una ragazza, se possibile, più sfortunata di lei e dallo sguardo differente di un giostraio, attraverso cui si prospetta l’umanità. Tra i colori intensi di un drammaticità ghiacciata che, con pudore, l’attenzione di De Angelis imprime nello sguardo e nella memoria dello spettatore attraverso il rosso dell’inverno, il nero e il bianco della desolazione.
Regia: Edoardo De Angelis – Genere: Drammatico – Interpreti: Pina Turco, Massimiliano Rossi, Marina Confalone, Cristina Donadio. (Italia 2018). Durata: 90’.
A private war
L’elemento più interessante di A private war, che pur non si sottrae a una certa retorica, è racchiuso probabilmente in questa dichiarazione del regista Matthew Heineman: “Il giornalismo è sotto attacco e sempre più polarizzato da ‘notizie’ inventate che si mascherano da vero giornalismo”. E nell’accogliere il suo film, interpretato dalla sempre intensa Rosamund Pike, non è di secondo conto l’intenzione, che ci permette di leggere, dietro l’iconografia consueta di questo genere di film, il ritratto di una giornalista che esibisce tutto il talento e l’ossessione per il suo lavoro con una preoccupazione autentica e sentita. Marie Colvin, una delle più celebrate giornaliste della storia, ha sacrificato la sua vita in molti modi e il suo esempio fu al servizio di una causa che il giornalismo pone come scommessa e la cui sopravvivenza è sentita come un dovere per la società sotto minaccia. In un film che si apre con una veduta aerea di distruzione, ripresa probabilmente da un drone, e che vive nello slancio recitativo di Rosamund Pike inseguita nei viaggi tra i conflitti fino a Timor Est – dove la Colvin perse l’occhio sinistro in seguito all’esplosione di un RPG – e poi in Iraq, in Libia, in Siria – dove morì nel febbraio 2012 per raccontare l’assedio di Homs -, il racconto classico e lineare subisce scossoni che fanno pensare ad altri film, come The hurt locker di Kathryn Bigelow. .
Regia: Mattew Heineman – Genere: Biografico – Interpreti: Rosamund Pike, Jamie Dornan, Tom Hollander, Stanley Tucci. (Gran Bretagna, Usa 2018). Durata: 110’.
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