Macchine mortali. Ovvero Games of Thrones incontra Terminator coniugato con una delle varie saghe distopic-adolescenziali dell’ultima decade. Tanti i contro e pochissimi i pro per garantire agli spettatori la visione di un prodotto banale e “commercialotto” studiato per intrattenere con melense teen-storie d’amore, esplosioni, villain grotteschi e finale strappalacrime.
Macchine mortali è tratto dal romanzo omonimo (2001) di Philip Reeve, primo atto di una “quadrilogia delle Macchine Mortali”, comprendente anche Freya delle Lande di Ghiaccio (2003), Infernal Devices (2005) e A Darkling Plain (2006), più alcune novelle-prequel.
La trama: Molti anni dopo la “Guerra dei Sessanta Minuti”, la Terra appare come una sterminata landa desertica, percorsa da gigantesche metropoli su ruote che attaccano e depredano le piccole città rimaste, prosciugandone le risorse a disposizione. Il giovane Tom Natsworthy (Robert Sheehan), un orfano londinese che viaggia a bordo dell’immensa macchina mortale, viene scaraventato suo malgrado fuori dal veicolo nel mondo esterno, un luogo ostile e spaventoso che brulica di macchine futuristiche e tecnologie obsolete. Accanto a lui, nel pericoloso viaggio in cerca di un luogo sicuro, la causa di tutti i suoi mali: una ragazzina di nome Hester (Hera Hilmar)..
Ci si chiede, durante e dopo la visione de Macchine mortali, se sia davvero questo l’oggetto del desiderio delle nuove generazioni. O se invece ci sia solo bisogno di “distrarle” ed incamerare soldi facili togliendogli sotto agli occhi il futuro. Mi si dice che lo steampunk e il distopic genre sono, letteralmente, il “futuro che avanza”. Il tutto condito da impervi ragionamenti e sottili (troppo sottili!) metacitazioni e sottotesti in realtà da cercare con la lanterna ad olio nel buio più completo. Questo Macchine mortali, insomma, se si rivela essere un grottesco mix di generi con molti momenti morsi e poche parti action (s)condite da tante chiacchiere. Costo? 1OO milioni di dollari secondo wikipedia. Valore? La cattiveria tendente al realismo direbbe poco, in termini umani – cinematografici. La regia (Christian Rivers, qui al debutto come regista) fa quel che può. La fotografia (Simon Raby – Heaven, il dono della premonizione)… idem cosi come gli attori tra cui l’ottimo Colin Salmon (Arrow, Prime Suspect, Punisher – War Zone, Limitless, Alien vs Predator, Match Point) qui relegato a tre (3!) scene.
Peter Jackson (Lo Hobbit, King Kong, Il Signore degli anelli) stavolta precipita nel vuoto firmando e producendo un “zuccheroso” dramedy vuoto e senza capo né coda che strizza l’occhio al filone dei vari Twilight, Maze Runner, Hunger Games e Shadowhunters con l’intento di “coinvolgere” spudoratamente quel pubblico che alcuni reputano “facile” e che invece è così difficile da catturare. Di certo questo “Macchine mortali” non vale il costo del biglietto. E neppure i 128 minuti della durata della visione. E dire che le premesse c’erano… ma sono state disattese da una trama banale e senza coraggio piena di cliché che sin dall’inizio martellano e sfiduciano gli spettatori protraendosi per oltre due ore sino al già citato melenso finale. Ma non è questa la cosa peggiore. Perché? Perché per la serie “al peggio non c’è mai fine”… dovremo prepararci psicologicamente ad una luuuunga serie distopic-adolescenziale con protagonisti Hera Hilmar (Da Vinci’s demons, An Ordinary man)e Robert Sheehan (Misfits, Shadow hunters, Fortitude). A meno che… a meno che gli spettatori non decidano diversamente. Prosit.
Data uscita: 13
Genere: Fantascienza, Azione
Anno: 2018
Regia: Christian Rivers
Attori: Robert Sheehan, Hera Hilmar, Stephen Lang, Hugo Weaving, Ronan Raftery, Jihae, Leila George, Patrick Malahide, Yoson An, Colin Salmon, Regé-Jean Page, Mark Hadlow
Paese: USA, Nuova Zelanda
Durata: 128 Min
Distribuzione: Universal Pictures
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