Come ogni giovedì torna la rubrica settimanale curata dal critico Roberto Lasagna, che ogni settimana ci consiglia tre film da vedere nel week-end, scelti tra le ultime uscite in programmazione nelle sale cinematografiche. Ce n’è per tutti i gusti: da Capri Revolution firmato Mario Martone al vincitore dell’European Film Award, Cold War, fino a una produzione doc Usa con Robert Redford e Sissy Spacek.
Capri revolution
Drammatico. Regia: Mario Martone. Interpreti: Marianna Fontana, Reinout Scholten van Aschat, Antonio Folletto, Jenna Thiam. Italia 2018 -Durata: 122’.
Capri revolution mantiene un accostamento alla storia realistico in un momento cruciale di un paese in via di definizione. Mario Martone si addentra nella Capri che attende il Primo Conflitto mondiale, isola dal clima benevolo in cui poter vivere sfruttando la fatica e le risorse di una terra rocciosa ma anche luogo in cui un gruppetto di artisti trova un paradiso per realizzare i precetti della una percezione della vita più illuminata. Un giovane medico, animato da desiderio di verità e conoscenza scientifica, sa cosa sono passione e sentimento: a lui, uomo del continente, spetta il compito di mediare affinché le intransigenze dei due gruppi e divergenti concezioni del vivere non occupino tutto il campo della dialettica. Un film in cui Martone prosegue e completa la sua trilogia sull’Italia dal Risorgimento fino alla Prima Guerra, dove esprime un’amore materico e appassionato per la terra, la roccia e la carne, in cui discute con sottigliezze e stile le opinioni delle fazioni opposte, rendendo con sfrontata bellezza la luce armonica di un’isola in cui giovani corpi esprimono l’energia della giovinezza e della positività. Tra attori bravi su cui eccelle Donatella Finocchiaro nella parte di una madre dimessa eppure estremamente umana – espressione di un’umanità potentemente rimarginante le ferite che storicamente verranno – la dimensione orgogliosamente bizzarra del film non possiede i toni compiuti dei precedenti lungometraggi del cineasta, apparendo formalmente meno serioso. Da qui la sua singolarità e il tatto del regista nel toccare temi alti senza sottoporre il racconto alla pesantezza di tesi o schemi interpretativi.
Per chi cerca uno sguardo sulla storia del nostro paese in una regia d’autore
Cold War
Drammatico. Regia: Pawel Pawlikowski. Interpreti: Joanna Kulig, Tomasz Kot, Borys Szyc, Agata Kulesza, Cédric Kahn, Jeanne Balibar. Polonia 2018. Durata: 85’.
Trionfatore agli European Film Award, la nuova tragedia di Pawel Pawlikoski è un film elegante ed essenziale, che in poco meno di un’ora e mezza condensa quindici anni di vicende, dalla Polonia, sullo sfondo della Guerra Fredda, attraversando Germania, Francia, Jugoslavia, mentre racconta con laconicità ermetica la storia di un compositore musicale (Wiktor, interpretato da Tomasz Kot) e di una giovane cantante di talento (Zuzanna, interpreta da Joanna Kulig) che nel 1949 si innamorano e cercano sempre inutilmente di vivere il loro amore. Il racconto si esprime attraverso stacchi musicali che prosciugano il carattere letterario torrentizio in cui il regista avrebbe potuto disperdere il suo film che invece nella sua natura episodica esalta i momenti di intimità con gusto e leggiadria, con una capacità di sintesi che piega il gusto visivo agli spettacoli onirici che Pawel Pawlikowski, già premio Oscar per Ida, immagina dando agli sfondi della rappresentazione quella dimensione artistica capace di segnare il tempo preciso dello svolgimento. Amore, abbracci, amplessi, litigi, sono rappresi in quindici anni condensati dalle note che avvicinano il tempo creando stacchi. I capricci del destino si intromettono in questa relazione dai toni shakespeariani e la politica rimane però sullo sfondo, mentre la storia è reinterpretata come in un haiku viscerale, in cui scorrono i mutamenti geografici attraverso i canti polacchi, gli inni di propaganda sovietici, i ritmi occidentali, il jazz e persino il rock. Un inno contro le bruttezze del mondo attraverso la maniera di raccontare di Pawlikowski, le cui sequenze tagliano e sfrondano, dicono sempre di più di quello che sembrano manifestare ad un primo sguardo. Lontano dal culto della nostalgia per il passato, in questo film a suo modo storico, conta il presente, e il desiderio di provare a dimenticare il rimpianto. Soprattutto per i cambiamenti che non avvengono.
Regia originale e vicenda shakespeariana a suon di musica
The Old Man & the Gun
Commedia – Drammatico. Regia: David Lowery. Interpreti: Robert Redford, Sissy Spacek, Danny Glover, Tom Waits, Casey Affleck. USA 2018. Durata: 93’.
Classico, cucito sulla presenza iconica e istrionica dell’ottantaduenne Robert Redford che con questo film si ritira dalla scene salutando il suo pubblico, The Old Man & the Gun presenta un personaggio che flirta con la filmografia del leggendario attore e regista americano: Forrest Tucker è un uomo che ha rapinato banche per tutti la vita, evaso 16 volte di prigione, l’ultima a settanta primavere compiute, e riprende a fare quello che amava fare fino all’ultimo arresto avvenuto a 78 anni. E’ stato il giornalista del New Yorker David Grann a raccontare per primo la vicenda di Tucker e in questo film si racconta appunto un personaggio che nell’interpretazione di Redford diventa un calco del suo carisma, l’espressione di un’energia non doma in cui l’attore indossa visibilmente i panni multiformi dell’aitante criminale dai modi eleganti, con divertimento e ironia. Un personaggio nello stile dell’attore, di cui non sarà difficile ai molti fan cogliere le sfumature dei rimandi a una filmografia che presenta più di un film iconico o di rilievo nella storia della cinematografia degli ultimi cinquant’anni. La classicità del film contiene anche una dimensione seriamente convinta dei valori che conserva, perché si tratta non soltanto di un “film dell’addio alle scene” ma di un racconto sulla vita, sul valore del tempo, su come il tempo dovrebbe essere impiegato al servizio di quello che rende felici e permette a un bel tipo come Redford di sorridere anche a un’età non tenera. Per il detective Affleck vivere significa fare il poliziotto, per il personaggio interpretato da Redford, rapinare banche. Leggendo in controluce il ruolo ribaldo che l’attore si è riservato per l’addio alle scene, vivere significa permettersi di rapinare i sogni e di farli propri. Nulla di illegale. Così come anzi è ancora una volta bello avere a fianco una donna innamorata come la sempre brava Sissy Spacek, interprete come Redford di una lunga stagione felice di cinema americano.
Per chi non può resistere al fascino di Robert Redford e Sissy Spacek.
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