Distribuito dalla Cineteca di Bologna torna nelle sale, lunedì 4 marzo, la versione restaurata di un capolavoro della Nouvelle Vague, Jules e Jim (Francia 1961) di François Truffaut. La dolce vita secondo Truffaut. Nella Parigi bohémienne negli anni Dieci, due uomini e una donna provano ad amarsi oltre le regole, attraverso il tempo, la guerra, matrimoni e amanti, accensioni e delusioni: Jeanne Moreau con i suoi travestimenti, il suo broncio altero, la sua voce magica percorre tutti i tourbillons de la vie, ma alla fine è lei a non saper accettare la resa. “Abbiamo giocato con le sorgenti della vita, e abbiamo perso“. Il film definitivo sul perdere, sul perdersi. Capolavoro d’utopia dolcemente amorale, infinitamente replicato in tanti film.
Truffaut non soltanto era uno dei volti principiali di questa corrente nata in seno ai Cahiers du Cinéma ma era anche quello con più tensioni letterarie. Godard puntava ad esplorare il linguaggio cinematografico in senso tecnico, Chabrol a coniugare l’asciuttezza stilistica con i thriller da camera, Rivette si lanciava in ricerche personali per allenare i tempi filmici e Louis Malle sfoggiava con uno stile elegantissimo la sua ironia nei confronti del mondo borghese. Si trattava non tanto di distruggere il cinéma de papa quanto di trasformarlo in termini moderni: anche la Nouvelle Vague finì per creare i suoi divismi. Fatto sta che soprattutto Truffaut riuscì a fare breccia nel cuore del pubblico internazionale e buona parte della sua fama la si deve a Jules e Jim.
Girato a basso costo, il film partiva dal romanzo omonimo di Henri-Pierre Roché. Un’autobiografia non così tanto trasfigurata ma resa con uno stile dolcissimo, scevro di compiacimenti, chiaro. In senso cromatico, Truffaut puntò proprio a rendere l’atmosfera dello stile con un bianconero d’epoca, fresco, morbido, aiutato da Raoul Coutard, suo direttore della fotografia.
Le riprese furono felici, come molto spesso ricordato anche da Jeanne Moreau, che con questo ruolo divenne una diva internazionale, attraendo registi come Welles e Losey subito dopo. Celebre l’omaggio che Visconti le diede alla premiére romana baciandole la mano, simboleggiando il rispetto che il cinema italiano ed europeo portava a quella che, con Anna Magnani, era la più grande attrice del mondo.
Il frutto del lavoro di questa grande attrice e di Truffaut si potrà rivedere smagliante sul grande schermo in primavera per attrarre nuovi cinefili di più giovani generazioni.
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