Il film vincitore dell’edizione 2019 degli Oscar è Green Book, con Viggo Mortensen e Mahershala Ali, diretto da Peter Farrelly.
Questa lunga notte degli Oscar è stata caratterizzzata da un forte sentimento anti Trump, colto in tutti gli intervenuti sul palco, e dalla presenza multirazziale degli artisti. Non da sottovalutare il premio per la miglior sceneggiatura non originale a Spike Lee, per la prima volta decretato vincitore dall’Academy. Insomma un’edizione magari senza presentatore ma ricca di sorprese e soprattutto controtendenza, continuamente punteggiata da interventi e dichiarazioni contro il clima d’odio che sta pervadendo gli Stati Uniti.
Commovente il discorso di ringraziamento di Rami Malek, giudicato dall’Academy Miglior Attore: “Sono figlio di immigrati come lo era Freddy Mercury. Abbiamo fatto un film su un omosessuale, immigrato, che ha vissuto impudentemente, e il fatto che questa sera stiamo festeggiando lui e la sua vita è la prova che abbiamo bisogno di storie come questa“.
Dopo aver ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura non originale per nBlacKkKlansman, Spike Lee ha detto sul palco: ”Le elezioni 2020 sono dietro l’angolo, ricordiamocelo, possiamo fare una scelta di amore e non di odio”, e poi ha concluso dicendo: ”Facciamo la cosa giusta”, citando il titolo del suo film del 1989, Do the right thing.
Il film vincitore, di quelli che sanno mettere tutti d’accordo e fanno uscire soddisfatti gli spettatori dalla sala, è un’immersione in apnea nel profondo Sud degli Stati Uniti, quel Sud che più decresce la latitudine e più ti sembra di sentire ancora l’odore delle croci bruciate del Ku Klux Klan. Questo, in due righe, è Green Book. E per una coppia davvero atipica come quella composta da un ricco e raffinato musicista nero e un italoamericano del Bronx, spavaldo, mezzo malavitoso e forse anche un po’ razzista, la lunga tournée musicale che li porta da New York all’Alabama negli anni sessanta rischia di essere una missione da incoscienti, o forse da coraggiosi.
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