Negli anni 90 la serie americana – anzi, il telefilm, come si chiamava allora – Beverly Hills 90210, segnò una generazione intera. Per la prima volta, in modo non edulcorato né patinato, una serie televisiva raccontò e descrisse gli adolescenti alle prese col mondo reale, del quale facevano parte anche il sesso, la droga, la paura dell’AIDS, l’anoressia e l’abuso di alcolici. Argomenti di cui all’epoca si parlava ben poco apertamente e dei quali i ragazzi erano affamati. Il successo fu planetario. La storia iniziava con le vicende dei due gemelli Brandon (Jason Priestley) e Brenda (Shannen Doherty) Walsh, di media borghesia, che con i genitori si trasferiscono da Minneapolis a Beverly Hills (dal codice di avviamento postale nasce il numero che affianca il titolo) e che si trovano di fronte ad un mondo nuovo, fatto di rampolli viziati e una scuola esclusiva, il West Beverly High School.
Tra imprevisti, guai, intrighi amorosi, nemici ed amici, si ritagliò un ruolo principale il ricco, bello e maledetto Dylan McKay (Luke Perry), conteso tra l’amore della popolare bionda Jennie Garth, e la bruna e sulfurea Shannen Doherty.
L’attore, col suo sguardo angelico e al contempo malandrino, diventò la rappresentazione del ribelle, amante del surf e delle moto, quello di cui tutte le ragazze si innamorano e vorrebbero conquistare, perchè è un bad boy – beve troppo, è solo, il padre è un malavitoso che finirà ucciso – ma in fondo è anche così dolce…
Luke Perry, come altri travolti dal successo durante la giovane età, lavorò in molti altri film e serie – aveva da poco girato alcune scene nell’ultimo film di Quentin Tarantino – ma non riuscì mai a scrollarsi di dosso l’immagine del bell’adolescente Dylan. Per questo la notizia della sua morte prematura, la mattina del 4 marzo 2019, a 54 anni, ha fatto il giro del mondo. La sua morte per ictus sembra l’incontro inevitabile col destino di tutti i belli e maledetti (da James Dean a River Phoenix) che pare non possano mai godere i frutti maturi della vecchiaia. Certo, Perry non è morto ragazzo, ma già uomo. Ma per la generazione dei quaranta-cinquantenni che non conoscono cosa sia la mezza età, all’inseguimento dell’adolescenza eterna, la morte di Perry è come la parola fine, che arriva inaspettata e improvvisa, proprio nel bel mezzo del viaggio. Luke Perry era la rappresentazione della gioventù, con tutte le sue prerogative: ribellione, bellezza, fragilità, spensieratezza. La sua scomparsa ci ricorda che quel tempo è finito, davvero finito. Eppure, il ricordo di quell’attore, nella vita riservato e gentile, rimane l’icona malinconica e dolce, indelebile, di quello che siamo stati: ragazzi. E che non smettiamo mai di essere, da qualche parte dentro di noi.
Lascia un commento