Alto, robusto, abbronzato, la faccia un po’ masticata, sulla quale spiccano occhi scintillanti di ironia, l’attore americano Michael Madsen, classe 1958, stupisce con una voce bassa, arrochita e magnetica. E’ più che comprensibile che nel corso della sua carriera sia stato conteso dai più grandi registi americani e che spesso gli sia stato affidato il ruolo del cattivo, del serial killer, dello spietato. Eppure si ferma a rilasciare autografi e quando una signora ne chiede uno per il figlio, si informa con dolcezza, vuole sapere quanti anni ha il bambino, e racconta che di figli ne ha anche lui: ben 6, dai 13 ai 23 anni.
Siamo alla presentazione della nuova piattaforma social di intrattenimento, Ta Ta Tu, ed insieme al suo creatore, il manager Andrea Iervolino e ad Antonio Banderas, che farà la sua apparizione in serata, c’è anche lui, Michael Madsen, che ha appena finito di girare “Trading Paint”, di Karzan Kader, con John Travolta: la storia di un figlio alla ricerca della propria indipendenza dal padre, un pilota automobilistico. Madsen, di cui ricordiamo, solo per citarne alcuni: “Le iene”, “Donnie Brasco”, “Kill Bill”, “The Hateful Eight”, non è solo attore, ma anche un raffinato poeta e un accreditato fotografo.
Affiancato dal suo manager e da una traduttrice dai poteri magici – perchè quando Madsen attacca a parlare, non la smette più, senza soste – il grande divo si inoltra in un monologo, con lo sguardo rivolto al pubblico. Che non è solo una full immersion nel mondo passato del vecchio cinema, ma è uno spiraglio aperto su un animo inquieto, dolce, immalinconito dai ricordi:
“Sono cresciuto in un periodo in cui Kirk Douglas, Humphrey Bogart, Sophia Loren ed altri erano vere celebrità ed all’epoca era completamente diverso rispetto ad oggi – racconta – quando pensavo di voler diventare un attore vedevo i film di Clint Eastwood, Robert Mitchum… All’epoca esisteva il sistema degli studios e gli attori che erano sotto contratto con essi, volenti o nolenti dovevano per forza accettare di fare un film, anche se non lo volevano, per via del contratto. C’erano film che al momento dell’uscita non ebbero successo, non sembravano un granchè, come ad esempio “Il Mago di Oz”, o “La Vita è Meravigliosa” e invece sono oggi film a cui si guarda con grande reverenza, che vengono ammirati. Ma all’epoca, quando uscirono, non ebbero grande seguito. A quei tempi però esisteva la fiducia nei confronti e tra gli attori e sistema di produzione. Una fiducia che oggi manca, che assolutamente non c’è più. E questo è quello che vorrei dire ad Andrea (Andrea Iervolino, produttore cinematografico e manager) che è una persona di cui io mi fido grandemente. Il concetto della fiducia è qualcosa che manca ormai nel mondo cinematografico attuale. Io sono stato fortunato, e lo devo al mio manager che mi ha presentato ad Andrea in un momento in cui io ero stanco, stufo, avevo perso la voglia di fare cinema, perchè mi sentivo, come succede a molti, un cowboy solitario, senza nessuno che lo aiuta e lo appoggia. Adesso anche i miei due figli più grandi vogliono fare gli attori.
A quei tempi non solo c’era reciproca fiducia ma anche reciproco sostegno. La gente credeva in quello che sarebbe andata a vedere e amava andare a chiudersi in una sala buia a guardare dei film. Oggi non è più così. Diciamo che oggi girano una marea di schifezze e di stronzate, come i reality. La gente non vuole più vedere queste cose, è stanca e questo è quello che dicevo prima, a proposito di Andrea, che è una persona che ti dà e che ti ispira fiducia. Mi ha fatto gli auguri perchè ho appena finito di girare un film col mio carissimo amico, Quentin Tarantino e una serie di altre star. Anche Quentin è un esempio di quel che stavo dicendo. Quando lo incontrai anche lui non aveva più voglia di fare nulla, nessuno che gli desse un’opportunità, nessuno che gli desse una chance di realizzare; eppure aveva scritto sceneggiature come “True Romance” o “Natural Born Killers” ma nessuno gli voleva dare l’oppurtunità né di dirigerle né di realizzarle, per cui anche lui ha dovuto lottare, ha dovuto faticare.
Alla fine è venuto fuori “Reservoir Dogs” (Le iene) che lo ha conclamato come autore e regista. Ma ha avuto grosse difficoltà e ha dovuto fare molta fatica. Sono molto contento per Quentin, che è una persona eccezionale, così come lo sono per Andrea, che è una persona fedele con la quale ho realizzato molte cose. Non vedo l’ora di continuare a lavorare con lui. Non sono molto bravo a parlare, come potete notare…”
Poi Michael Madsen aggiunge che è reduce dalla completa distruzione, a causa di un incendio, della sua casa di Malibù, il che gli ha provocato un’immensa tristezza, ma ha il desiderio di lavorare, e ha bisogno di tenersi impegnato. Ed abbraccia forte Andrea Iervolino, per ringraziarlo, con gli occhi lucidi.
E il pubblico nella sala si emoziona, rimane sconcertato, e anche onorato, da questo divo così poco divo, capace di impartire una lezione di umiltà e umanità a tutte le nuove generazioni.
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