Era il 1979 e una fascinosa pellicola in bianco e nero si faceva spazio nella storia del cinema. Il protagonista era Isaac Davis alias Woody Allen, la musica Rapsodia in blu di George Gershwin. Chiaramente stiamo parlando di Manhattan con il suo indimenticabile incipit: “Adorava New York, la idolatrava smisuratamente”. Infatti a 40 anni di distanza il regista torna a Manhattan, quasi con la stessa freschezza, certamente con lo stesso amore per la sua città, per raccontare la storia di due fidanzatini, Gatsby (Timothée Chalamet) e Ashleigh (Elle Fanning).
I giovani amanti vanno per la prima volta insieme a Manhattan quando il giornale scolastico incarica Ashleigh di intervistare il suo regista preferito Roland Pollard, un artista perfezionista e combattuto, dall’innegabile appeal (Liev Schreiber). Non è difficile intuire la diversità di intenti dei protagonisti: Gatsby vuole far vedere ad Ashleigh la città con i suoi occhi, con tutta la fervente passione del newyorkese doc; lei, semplice e ingenua ragazza del southwest, vede questo viaggio come un’opportunità per diventare la giornalista che ha sempre sognato di essere.
Fin dall’inizio è chiaro che ogni piano di visitare amabilmente New York andrà in fumo e che le strade dei due si separeranno sempre più. Nonostante i percorsi dei giovani siano diversi e anche le spinte che li guidano non siano affini, l’arrivo finale è sorprendentemente simile: scoprire un po’ meglio chi sono e cosa vogliono.

Timothée Chalamet nei panni di Gatsby
Gatsby si dipinge come un personaggio d’altri tempi (con quel nome che fa subito pensare all’autore americano F. Scott Fitzgerald), un fumatore dedito al gioco d’azzardo, amante della bellezza, dei vecchi dischi, delle giornate piovose: un chiaro alter ego del regista. Qui Timothée Chalamet, come altri attori prima di lui, presta il volto al classico personaggio di Woody e ricorda in certi versi l’adorabile Owen Wilson nel film Midnight in Paris, anche se forse entrambi sono troppo bellocci per essere credibili nel ruolo del nevrotico e goffo anti-eroe alleniano, ma bravissimi nei movimenti verso il modello.
Ashleigh incarna la bellezza semplice e pura di campagna, incapace di mentire, di ingannare, ma nata per ammaliare e diventare musa ispiratrice. La grande e tentatrice New York non mancherà di disorientarla, tirare fuori il suo lato più sensuale e disinibito e farle sfacciate avance, che arrivano prima da parte dell’idolatrato regista Poland e poi del suo sceneggiatore Ted Davidoff (Jude Law).

Elle Fanning nel ruolo di Ashleigh
Alla fine quello che sorprende è che il personaggio da cui ci si aspettava un’evoluzione, l’ingenua Ashleigh venuta dalla provincia in città per realizzare l’intervista dei suoi sogni, rimane identico a se stesso, ma solo con qualche drink in più in corpo e qualche flirt eccezionale da raccontare alle amiche. Invece Gatsby da tormentato e insoddisfatto, inguaribile romantico fuori dal suo tempo, evolve e risolve in parte il suo senso di inadeguatezza verso la sua famiglia, scoprendo qualcosa del suo passato, indecoroso ma che gli risuona molto più di quanto potesse immaginare.
Da ragazzo solitario e insicuro, trova un’anima affine in Chan (Selena Gomez), newyorkese come lui, sfrontata e sarcastica, pronta a trascorrere la giornata sotto la pioggia, con la stessa passione per le commedie romantiche della Hollywood di una volta.

Selena Gomez e Woody Allen sul set di Un giorno di pioggia a New York
Insomma, gli appassionati dei film di Woody Allen ritroveranno quel genere di intrecci tanto amati, da commedia romantica del passato che l’hanno reso inventore di un canone; i suoi detrattori d’altra parte saranno stanchi di ritrovare il solito amato-odiato copione. In aggiunta ci sarà una fetta di pubblico che non andrà al cinema per principio, in seguito alla bufera di critiche rivolte al regista da parte del movimento #metoo.
Ma a ben vedere l’intero film non è altro che una dichiarazione d’amore, l’ennesima ma sempre vibrante e sincera, del vecchio Woody per la sua più grande musa: perché oggi come allora “New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata”.
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