Il volto nudo (titolo originale The Naked Face) è il primo romanzo best seller di Sidney Sheldon (Chicago 1917 – Los Angeles 2007), pubblicato per la prima volta nel 1970.
Sheldon aveva iniziato alla Universal come revisore di manoscritti negli anni Trenta. Autore di musical a Broadway e sceneggiatore di successo a Hollywood, nel 1948 si aggiudicò l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale con il film di Irving Reis Vento di primavera (The Bachelor and the Bobby-Soxer, 1947), interpretato da Cary Grant, Myrna Loy, Shirley Temple, e alla fine degli anni Cinquanta vinse un Tony Award per il musical Redhead. Diresse lui stesso un film, La sposa sognata (Dream Wife, 1953) prodotto dalla MGM. Fu anche autore televisivo e ideò due serie molto popolari: Strega per amore (I Dream of Jeannie) con Larry Hagman e Barbara Eden, prodotta tra il 1965 e il 1970, e Cuore e batticuore (Hart to Hart) con Robert Wagner, andata in onda per cinque stagioni dal 1979 al 1984. Nel 1970 esordì con il primo di diciotto libri, il thriller Il volto nudo, registrando vendite notevoli. L’ultimo romanzo risale al 2004, Hai paura del buio ? (Are you Afraid of the Dark ?), e l’anno dopo è uscita l’autobiografia dal titolo The Other Side of Me.
Il volto nudo racconta l’avvincente storia di Judd Stevens, uno stimato psicanalista di Manhattan che si ritrova al centro di una serie di omicidi (vengono assassinati un suo paziente omosessuale, la sua segretaria Carol e più tardi un investigatore privato ingaggiato da Stevens) attirandosi i sospetti della polizia, per scoprire però che in realtà il vero bersaglio del killer è proprio lui. Ma perché qualcuno lo vorrebbe morto? Sapremo che la sua unica colpa è stata quella di avere tra i suoi clienti la moglie di un pericoloso capo mafia, Anthony DeMarco, allarmato dai possibili compromettenti racconti della donna nel corso delle sedute di psicanalisi. Ritmo incalzante, personaggi bene delineati, colpi di scena: decisamente un grande esordio.
Il racconto di Sidney Sheldon ha avuto una bella trasposizione cinematografica nel 1984 ad opera di Bryan Forbes, che ne ha firmato la sceneggiatura e la regia: A faccia nuda (The Naked Face), con protagonista l’attore inglese Roger Moore, all’epoca ancora molto in auge.
Un anno prima del suo ultimo film nei panni di 007 (Bersaglio mobile, 1985, regia di John Glen), Roger Moore interpretava dunque il dottor Judd Stevens. Famoso per aver impersonato, oltre all’agente segreto al servizio di Sua Maestà, anche l’avventuriero gentiluomo Simon Templar nato dalla penna di Leslie Charteris e protagonista di una nota serie televisiva britannica prodotta dal 1962 al 1969, o il ricco nobile inglese Lord Brett Sinclair di Attenti a quei due al fianco di Tony Curtis, attore elegante e dotato di uno humour tipicamente british che gli impediva di prendersi troppo sul serio, Moore dimostrò senza dubbio una buona dose di coraggio nella scelta di apparire in un ruolo che si discostava alquanto dall’immagine abituale dei film d’azione e delle serie Tv che lo avevano reso celebre in tutto il mondo. Probabilmente, quando ancora la sua fama era legata al personaggio di James Bond e l’attore era in procinto di lavorare (a dire il vero, controvoglia) all’ultimo dei suoi sette film nei panni dell’eroe creato dallo scrittore londinese Ian Fleming (Vivi e lascia morire, L’uomo dalla pistola d’oro, La spia che mi amava, Moonraker – Operazione spazio, Solo per i tuoi occhi, Octopussy e infine Bersaglio mobile), il cinquantasettenne Roger Moore aveva capito che ormai, nonostante l’immutato fascino, la sua carriera non poteva più dipendere dalle scanzonate personificazioni di agili eroi dotati di non comune ingegno, di un giusto pizzico di ironia e di un ottimo ascendente sul pubblico femminile. A prima vista rischiosa e controproducente, tale scelta si rivelò invece azzeccata, perché A faccia nuda è senz’altro una delle sue migliori prove d’attore in assoluto.
Come già nel 1970 con il thriller L’uomo che uccise se stesso diretto da Basil Dearden, anche nel caso del film di Forbes il belloccio – e accusato spesso dai critici di essere inespressivo – Roger Moore apparve credibile in un ruolo drammatico e di spessore per lui insolito, come quello dello psicanalista Judd Stevens per l’appunto. Al suo fianco, Anne Archer nel ruolo della tormentata moglie del capo mafia, Rod Steiger in quello del poliziotto rancoroso e ostile, Elliott Gould che interpreta il corrotto detective Angeli, Art Carney l’investigatore privato. Alla fine del film, dopo che Stevens ha salva la vita grazie al provvidenziale arrivo di McGreavy (Rod Steiger) e una squadra di agenti, tutto sembra essersi ricomposto per il meglio e ritroviamo il protagonista fare visita come di consueto alla tomba della giovane moglie (come già in apertura di film), quando viene raggiunto da Ann (Anne Archer) che vuole scusarsi per avergli causato indirettamente tanti guai. I due si allontanano insieme e sembra il preludio di una bella amicizia (o forse qualcosa di più) ma all’improvviso uno sparo in lontananza colpisce la donna, che cade a terra priva di vita. La voce di Roger Moore che, guardando fuori campo, grida agli aguzzini “Bastards !”, un attimo prima che i titoli di coda scorrano sulle note della musica composta da Michael J. Lewis, rimane uno dei punti più alti della sua carriera.
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