Pavel Pawlikowski, regista polacco pluripremiato fin dagli anni 90, è ritornato nelle sale con un film, uscito in Italia a dicembre del 2018, che riprende il bianco e nero luminoso ed elegante e il formato quasi quadrato – 16 mm – di uno dei suoi precedenti lavori più belli: Ida.
Anche questa volta c’è un ritratto di donna profondo e assolutamente non convenzionale, che ricorda sia nell’aspetto che nel carattere la Catherine (Jeanne Moreau) di Jules e Jim. E c’è anche un uomo, il quale le arranca dietro senza capirla, ma che, indubbiamente, l’ama e ne è riamato.
Infatti Cold War, ambientato nella Polonia comunista degli anni 50, a dispetto del titolo e del contesto, è principalmente una storia d’amore, anzi, d’amour fou, l’estrema passione che porta i protagonisti verso scelte fatali. I due amanti potrebbero persino riuscire a vivere felici, nonostante le imposizioni di regime, le restrizioni, le operazioni di spionaggio che li coinvolgono e i vari caratteri oscuri che si muovono, come ombre opache, sullo sfondo della loro vicenda. Ma nè alla bella e volitiva Zula (Joanna Kulig) né all’ispirato musicista Wiktor (Tomasz Kot) importa nulla di tutto questo. Quello che al regista interessa veramente raccontare, non è soltanto il dolore causato dalla storia ma soprattutto quello che viene dalla vita, quando si sceglie di stare “dall’altra parte”, come fanno i rivoluzionari, gli artisti ma soprattutto gli innamorati.
Lei – Zula – scappa dalla povertà e da una violenza familiare – alla quale si è ribellata – e cerca di entrare, grazie al suo talento canoro, in un gruppo musicale folkloristico, il Mazowsze. Lui – Wiktor – durante un’audizione per la scelta dei giovani più dotati – rimane folgorato da qualcosa che lei sembra possedere e lui solo sa cogliere. La meravigliosa musica popolare dei contadini, che evoca radici lontane, non fa soltanto da sfondo: Cold War potrebbe essere la storia raccontata di una di quelle canzoni, che parlano con semplicità del mistero dell’amore. Pavel Pawlikowski decide di narrare la follia, l’irragionevolezza, la gelosia distruttiva di questo sentimento, attraverso qualcosa di altrettanto effimero e impalpabile: la musica.
Le canzoni popolari cantate da uomini e donne nei campi ci riportano alla natura, al frusciare del vento, alla forza degli elementi, al mistero della vita. Ci fanno entrare in una dimensione “altra”, di magia e di poesia dalla quale lo spettatore viene completamente ammaliato, fino all’ultima scena, all’ultimo fotogramma, che lascia senza respiro.
Meritata Miglior Regia al Festival di Cannes 2018, miglior film all’European Film Awards e selezionato per rappresentare la Polonia ai premi Oscar 2019 nella categoria Miglior Film in lingua straniera, Cold War nasconde dietro una forma impeccabile, la suggestione dell’inafferrabile.
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