I vitelloni
Regia: Federico Fellini; commedia, Italia/Francia 1953
Interpreti: Alberto Sordi, Franco Fabrizi, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini, Franco Interlenghi, Enrico Viarisio, Paola Borboni
Ore 21.10, Rai Storia, canale 54; durata: 108′
I veri appassionati di cinema ricorderanno sicuramente la scena cult del film “I vitelloni” in cui Alberto Sordi, in macchina con gli amici di ritorno dal pranzo, si fa beffe di un gruppo di lavoratori manovali per strada rivolgendo loro il gesto dell’ombrello e una sonora pernacchia, salvo poi dover correre a gambe levate quando l’auto d’improvviso si ferma per un guasto. Ma forse non tutti sanno che i produttori non volevano Sordi nel film, perché reduce da alcuni insuccessi (“Mamma mia che impressione!” di Roberto Savarese, 1951, e “Lo sceicco bianco” di Fellini, 1952) e fu solo su insistenza del regista che l’attore venne scritturato nel ruolo di Alberto, uno degli oziosi giovanotti di buona famiglia protagonisti del film, che – tra bar, biliardo, scherzi e avventure erotiche – proprio non si decidono a voler crescere. Insieme a Sordi, Leopoldo Trieste nel ruolo dell’intellettuale Leopoldo, Franco Fabrizi in quello del dongiovanni Fausto, Riccardo Fellini (fratello minore del regista) nella parte del giocatore incallito Riccardo. L’unico, alla fine, ad avere il coraggio di abbandonare la piccola città della riviera romagnola in cui è ambientato il film, e partire per Roma nel tentativo di dare una svolta alla propria vita, è il più giovane, Moraldo, interpretato da Franco Interlenghi.
Nonostante le riserve di produttori e distributori, che chiesero addirittura che il suo nome non figurasse nei titoli e nei cartelloni perché ritenuto deleterio per il botteghino, fu proprio con “I vitelloni” – che gli valse il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista – che la carriera di Sordi cominciò a decollare fino a divenire uno dei volti più rappresentativi della commedia all’italiana.
Soggetto di Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli. Musiche di Nino Rota. Recensendo il film, all’epoca Claudio G. Fava parlò di Fellini come di un “grande narratore crepuscolare nelle vesti di un descrittore ironico”.
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