Ospite della prima serata del Festival Adelio Ferrero di Alessandria, lo scorso 8 ottobre, è stato l’impareggiabile Tatti Sanguineti, critico cinematografico, giornalista, autore televisivo, sceneggiatore e regista, originario di Savona, classe 1946. Una mente vulcanica, un vero amante del cinema, un profondo conoscitore della settima arte che, come ha detto il giornalista e scrittore Stefano Malosso introducendolo al pubblico intervenuto negli spazi dell’Associazione Cultura e Sviluppo di piazza De André ad Alessandria, “ha svelato e raccontato il mondo del cinema in maniera preziosa”, dedicandosi per tutta la vita a un lavoro intenso e costante che ha avuto il merito di andare in profondità.
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Roberto Lasagna
Autore di libri (citiamo almeno Il cervello di Alberto Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema, edito da Adelphi), collaboratore di diverse testate giornalistiche, organizzatore per importanti festival come la Mostra del cinema di Venezia o il Taormina Film Fest, a lungo spalla di Piero Chiambretti e coautore di molti suoi programmi (Prove tecniche di trasmissione, Il portalettere, Chiambretti Night), conduttore radiofonico, attore dilettante per Nanni Moretti (Sogni d’oro, 1981, Il caimano, 2006), Peter Del Monte (Piso Pisello, 1981), Mario Monicelli (Le rose del deserto, 2006), Michele Placido (Il grande sogno, 2009), Tatti Sanguineti ha ideato e diretto anche diversi documentari ed è proprio in questa veste che è intervenuto al Festival Adelio Ferrero, per parlare del suo film documentario dal titolo Giulio Andreotti – Il cinema visto da vicino (2014). Si tratta del primo di due film – l’altro si intitola Giulio Andreotti – La politica del cinema (2015) – che sono il frutto di lunghe e minuziose interviste fatte al senatore a vita tra il 2003 e il 2005, incentrate sul suo rapporto con l’arte cinematografica, sul suo ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con deleghe allo spettacolo tra il 1947 e il 1953 e sui meccanismi della censura. I passaggi scelti delle interviste, ricavati da circa cinquanta ore di girato, sono inframmezzati da filmati di repertorio e spezzoni di film.
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Le Rose del Deserto di Mario Monicelli
Definito l’affondatore e addirittura il becchino del cinema italiano, soprattutto per un atteggiamento di ostilità nei confronti della forte critica sociale di alcuni film del neorealismo e per la celebre frase “i panni sporchi si lavano in famiglia”, Andreotti non si era mai concesso così lungamente e intimamente e nel film appare quasi divertito, a suo agio. Senza mai scomporsi, sembra quasi intento a minimizzare con classe e affilata ironia il suo ruolo di censore negli anni della rinascita del cinema italiano nel secondo dopoguerra. Lavorando con dedizione a questo progetto, Tatti Sanguineti è rimasto favorevolmente colpito dai racconti di Andreotti in materia di cinema e, alla luce dei loro ripetuti incontri, si è fatto una sua personale idea del senatore: un uomo, un politico, che lungi dall’apparire intellettualmente piatto, era dotato di un vasto sapere cinematografico, che a sua volta condensava tanti altri saperi. Sembra che Rodolfo Sonego avesse avuto ragione dicendo: “Se volete capire cosa è successo veramente in quegli anni, dovete andare da Giulio Andreotti. Andreotti ha ammazzato cinque film, ma ne ha fatti fare cinquemila”.
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Tatti Sanguineti
Certo, però, non va dimenticato che sul personaggio ci sono state molte, inquietanti ombre e quando lo vediamo nostalgicamente immerso nel ricordo del film Il dottor Jekyll (di Rouben Mamoulian, 1931) con Fredric March, un film che da bambino gli era piaciuto molto e lo aveva ossessionato, non possiamo fare a meno di avanzare l’ipotesi che questa passione cinefila per un’opera incentrata sul tema dello sdoppiamento e delle malsane conseguenze che ne derivano possa riflettere inconsapevolmente l’ambiguità di un potente uomo politico ch’è stato anche indagato per mafia.
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I pompieri di Viggiù di Mario Mattoli
Alla presenza di Roberto Lasagna, direttore artistico del Festival, e del condirettore Giorgio Simonelli, la serata si è svolta piacevolmente alternando il dibattito con la proiezione di sequenze tratte dal documentario e non sono mancati aneddoti divertenti, come quello sul film di Mario Mattoli I pompieri di Viggiù (1949), una sorta di antologia dell’avanspettacolo del dopoguerra con un cast di tutto rispetto (Totò, Nino Taranto, Carlo Campanini, Carlo Dapporto, Wanda Osiris, Silvana Pampanini, Isa Barzizza, Mario Castellani), il cui titolo passò inaspettatamente indenne al vaglio della censura (dopo le rimostranze del produttore Dino De Laurentiis) nonostante all’epoca la parola “pompieri” fosse un tabù. Ma in un festival dedicato a Federico Fellini nel centenario dalla nascita, non si poteva non parlare anche del regista romagnolo e Sanguineti si è soffermato sulla lunga amicizia tra Andreotti e Fellini, fatta di stima reciproca: due personaggi solo in apparenza agli antipodi, ma in realtà legati da profonda intesa di cui testimonianza è un lungo epistolario riprodotto per la prima volta nel libro di Andrea Minuz Viaggio al termine dell’Italia. Fellini politico, edito nel 2011 da Rubbettino. Forse è solo un caso, ma è curioso notare che nei primi anni Ottanta sia Fellini che Andreotti parteciparono, nel ruolo di sé stessi, al film di Alberto Sordi Il tassinaro (1983).
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Il Tassinaro con Alberto Sordi
Un incontro interessantissimo e stimolante, dunque, che si è concluso con la consegna a Tatti Sanguineti del Premio Adelio Ferrero per il suo contributo alla cultura e all’arte cinematografica, ma anche con una nota amara: il rimpianto per l’ingiusto trattamento di mamma Rai, che si è sempre rifiutata (a causa di “insormontabili ostacoli”, gli è stato detto) di trasmettere i due documentari, nonostante rappresentino senza dubbio il ritratto scrupoloso, e per certi versi inedito, di un’Italia che non c’è più.
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