Di tutto si può parlare e ogni cosa si può portare in scena, se si è capaci di farlo. Ma cosa accade se un regista decide di raccontare, al di fuori della pornografia e magari con velleità artistiche, una delle esperienze più intime ed emotive dell’uomo come il sesso? I capolavori non mancano, basta citare Ultimo Tango a Parigi di Bertolucci, Crash di Cronenberg, Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick ed altri magnifici lavori. Ma quando il sesso – lo sappiamo tutti – arriva nelle mani sbagliate, magari ammiccando con la pretesa di conturbare o di dare voce ad un alto sentire, la pellicola diventa un po’ come quella di The Ring. Distruggerla serve a poco, una volta inserita, il danno è fatto, la serata rovinata e le terribili immagini pronte a perseguitarvi per sempre.
Inside The Show stilerà un breve elenco – non vogliamo avvilirvi troppo – osando quello che non è mai stato fatto prima. I più orrendi, inguardabili, involontariamente esilaranti film erotici che mai occhio umano abbia visto. Vi avvertiamo: la lettura di questo articolo potrebbe provocare voti di castità, improvvise emicranie e momentanea e strategica narcolessi.

Senso 45
Senso 45. L’unica domanda possibile è: perchè? Era il 1945 quando l’impareggiabile Luchino Visconti metteva mano al breve racconto Senso, dello scrittore Arrigo Boito, pubblicato nel 1883 e ne traeva uno dei film più fascinosi, intensi e visivamente mirabili della storia del cinema. La contessa Livia Serpieri, matura bellezza dal cuore spietato, come la descriveva Boito, veniva incarnata alla perfezione da Alida Valli, forse con qualche palpito di umanità in più. Nell’oscuro anno 2002 il regista Tinto Brass decide di riprendere quella novella e ambientarla nel 1945, durante gli ultimi mesi del regime fascista e fin qui, nulla di male. L’attrice Anna Galiena è la fedifraga contessa innamorata di Gabriel Garko, bellissimo e fatuo SS. Come aveva già fatto Stefania Sandrelli con La Chiave, la Galiena, attrice canonica, si presta per la prima volta a un ruolo erotico, che però non le recherà altrettanta fama. Livia Serpieri diventa Livia Mazzoni e le parole che si scelgono sono importanti. Brass sa usare la macchina da presa, le musiche sono affidate ad Ennio Morricone, e Senso 45 si guadagna anche un Nastro D’argento. Ma ogni volta che si guarda quel film, da qualche parte, nel mondo, un amante della Bellezza muore.

50 sfumature di grigio
50 sfumature di grigio. Tratto dall’omonimo romanzo di E. L. James, best seller, il film di Sam Taylor Johnson, racconta la relazione tra la timida studentessa Anastasia Steel (Dakota Johnson) e il ricchissimo Christian Grey (Jamie Dornan). A lui piace legare e malmenare – ma con eleganza – le donne, lei ne è sconvolta, ma poi… Svenimenti, costosi regali, il perverso e cinico mondo dei ricconi contrapposto al vero amore. Anastasia vorrebbe una relazione ma lui le chiede solo sesso. Una storia mai sentita prima.
50 sfumature di grigio è l’eros che piace anche alla casalinga di Voghera, che esalta la madre di famiglia ma non la scandalizza troppo, è quel pruriginoso che rimane sempre al livello di un libricino della serie Harmony. Purtroppo si tratta solo del primo di una trilogia di romanzi che prosegue con Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso. Una curiosità che in pochi sanno (e forse non avrebbero mai voluto sapere): la trilogia di Cinquanta sfumature viene inizialmente sviluppata come una serie di fanfiction di Twilight, intitolata Master of the Universe.
La storia di lei, che solo per amore si presta a pratiche sessuali terrificanti, come mangiare fragole gelate appena uscite dal frigo e poi capisce di stare con un malato di mente ed è costretta a lasciarlo tra le lacrime, era stata già raccontata (meglio) in 9 settimane e mezzo di Adrian Lyne. Visti i cospicui incassi di 50 Sfumature, ne è stata fatta anche una versione polacca: 365 giorni, diretto da Barbara Białowąs e Tomasz Mandes. Ça va sans dire che 30 giorni di buio, insieme ai vampiri, avrebbero fatto meno paura.

365 giorni
Bambola di Bigas Luna. Parlare di questo film, uscito nel 1996, non è semplice. Non perchè sia scabroso ed imbarazzante, ma proprio per l’assurdità della trama. Mina, che tutti chiamano Bambola, gestisce con la madre e il fratello omosessuale, Flavio, una pizzeria a Comacchio. Ogni uomo del circondario la desidera, tra cui Ugo. Durante una visita all’acquapark locale, Ugo lotta per gelosia con Settimio, un bel ragazzo che flirta con Bambola, ma rimane ucciso. Anche la madre di Bambola era rimasta uccisa poco prima in un incidente. Settimio va in galera per omicidio colposo. Nel parlatorio della prigione Mina conosce un altro detenuto, Furio, in carcere per violenza sessuale e stringe una relazione con lui. Un bel giorno, mentre Bambola è sola alla pizzeria le compare davanti Furio, uscito dal carcere prima del tempo. L’uomo si installa in casa di Mina e crea numerosi problemi al fratello Flavio.
Basta così? Sembra che nessuno abbia deciso, all’epoca, di arrestare il regista catalano Bigas Luna per questo film, che con Le età di Lulù, pochi anni prima, si era guadagnato un discreto successo, sulla scia del filone che inneggiava ai registi iberici come Pedro Almodovar. Ma Valeria Marini che cavalca una gigantesca mortadella, sulle locandine del film, rimane un simbolo del trash difficile da eguagliare.

Bambola
Cosa ci insegna tutto questo? Che il sesso, uno degli elementi più sfruttati da pubblicità, media, cinema, per attrarre il pubblico, quando è vuoto e privo di significato, se non è ridicolo, annoia. Come tutto ciò che non ha idee, valore, consistenza e bellezza. C’è molto più erotismo nelle spalle nude di Alida Valli che nel completo nero con reggicalze e bustino indossato da Anna Galiena. La perfetta bellezza di Dakota Johnson e di Jamie Dornan è perturbante quando lo spot pubblicitario di un profumo. Perchè il vero organo sessuale, al di là di aspetto, situazioni e provocazioni, rimane il cervello.
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