Nel 1987 il giovane Fred Dekker, fresco autore del giovanilistico Dimensione Terrore uscito appena l’anno precedente, accetta di mettersi di nuovo dietro la macchina da presa per Scuola di mostri (The Monster Squad in originale: il titolo italiano cercò di inserirsi nel solco del successo di Scuola di polizia) horror comedy che raduna i mostri dell’horror classico di casa Universal e che in Italia uscirà nelle sale l’8 giugno 1989, due anni dopo l’uscita americana.
Dekker è un simpatico giovanotto con una passione sfrenata per l’horror. Il suo Dimensione Terrore riportava cliché dell’horror per tee-ager con innesti fantascientifici, prendendo avvio con un’ambientazione in un’astronave aliena abitata da mostriciattoli pelosi che sfocia presto nell’ambiente dei campus americani, vero specchio dei destinatari di tutto un tipo cinema che sarebbe stato poi parodiato da Wes Craven in Scream (1996). Dekker ama assemblare i suoi racconti attorno alle vicende di ragazzini che in Dimensione Terrore ci dicono scopertamente qualcosa sul cinema horror amato dal regista, sin dai nomi dei protagonisti (tutti anche nomi registi di genere: Miner, Hooper, Cronenberg, Cameron, Romero). L’idea è così anche quella di declinare la black comedy generazionale fissando la filiazione con un genere prediletto, e Dimensione Terrore, in omaggio ai suoi modelli, sfoggia l’estro del gore, con l’idea cronenberghiana dei viscidi mostri pronti a fuoriuscire dai corpi delle vittime in esplicito omaggio a uno dei maestri delle mutazioni.
Va detto subito che in Dekker l’intento ironico, pur precorritore, riesce un po’ a stento, e nel successivo Scuola di mostri, i dialoghi e le gag risuonano non troppo più luminose rispetto a quanto succede nel precedente film. Ma ad intrigare è quel senso di ingenuità che si diffonde nei suoi racconti, tanto che il tono di spontanea freschezza si rinnova in Scuola di mostri, che pur non incontrando il successo sperato, con il tempo diventa un cult, con l’invito a rivedersi bambini o adolescenti, e collocandosi in un filone in cui i mostri della periferia americana trovano spazio in titoli come Ammazzavampiri (1985) e Voglia di vincere. Scuola di mostri è però soprattutto un film divertente e gustoso per i fan del genere, che offre il meglio nella possibilità di ritrovare le creature della Universal riportate in vita dal team di collaboratori di Stan Winston, grande figura degli effetti speciali qui al lavoro in una delle sue prime prove (aveva già dato prova del suo talento collaborando con Tobe Hooper per Invaders -1986 -, con James Cameron per Aliens – Scontro finale – 1986 – e con John McTiernan per Predator – 1987 -), che sarà un giorno responsabile anche degli effetti speciali per Jurassic Park (1993) e Avatar (2009). Con Stan Winston al proprio fianco, per un giovane regista che intende riprodurre un immaginario di creature diventa tutto più facile, ma anche estremamente ambizioso.
Assieme a titoli come The Lost Boys – Ragazzi perduti (1987) o Unico indizio la luna piena (1985), Scuola di mostri coglie il ritratto nostalgico delle paure infantili e non ambisce ad essere un horror spaventoso ma un incontro con la spensieratezza del piacere di rivivere gli amati-temuti mostri che si nascondono nell’armadio o sotto il letto. In questo senso, il film, anche rispetto ad altri titoli del periodo, è invecchiato piuttosto bene, in grado com’è di introdurre un fanciullo nell’universo cinematografico horror a cominciare dai paladini della Universal, che dell’horror rappresentano un prontuario mitologico. L’effetto identificativo scatta grazie al tono garbato, dove è facile riconoscersi con il tenero ragazzino che vorrebbe sconfiggere i propri mostri unendosi ai propri amici per scoprire, nello stare insieme, che è possibile vivere e godere delle differenze.
Come in Stand by me del 1986, tra i migliori adattamenti di Stephen King, in Scuola di mostri i ragazzini si radunano in una casetta sull’albero, opportunamente allestita di immagini e poster di vari film horror. Mentre la polizia dorme, il gruppo capitanato dal protagonista Andre Gover – con la T-shirt rossa su cui è stampata la scritta Stephen King Rules -, rivendica un cinema che con pudore sbandiera l’affetto per i cari vecchi Mostri Universal. Il nemico numero uno è sicuramente il Conte Dracula, animato dal compito di impossessarsi dell’amuleto magico, che con i suoi poteri potrà riportare il male sulla terra. Al suo seguito si risvegliano ad uno ad uno i mostri dell’immaginario: la Mummia, l’Uomo lupo, il Mostro della laguna nera, Frankenstein.
Nel film le occasioni di divertimento, a dire il vero anche un po’ sprecate, si ritrovano ad esempio nell’aglio sulla pizza che diviene arma contro Dracula, o nel calcio tra le gambe dell’uomo lupo, per osare quello che nessuno aveva mai osato prima. Il sonno millenario di Dracula si ridesta con la presenza nel cielo di una nuvola che somiglia ad un buco nero in cui il male fa la sua apparizione e porta una nota di vera paura in un film complessivamente ancora originale, dove i giovanissimi appassionati di film horror coinvolgono con la loro simpatia un pubblico di spettatori che condivide lo stesso culto e la stessa passione per i Mostri Universal.
Gli effetti di Winston e i trucchi risultano oggi ancora efficaci, con qualche concessione alla benevolenza, tanto che l’omaggio di Fred Dekker vuole essere più affettuoso che realmente filologico. Anzi, è nel gusto un po’ naif della riproposta che si rafforza il tono lieve dell’operazione.
Lascia un commento