L’era in cui viviamo fonda le sue fascinazioni su una visione del tutto individualista dell’esistenza, che spinge ad ambire alla propria realizzazione attraverso conquiste che rimandano però sempre ad un viaggio personale e solitario. Gli altri individui sono solo strumenti attraverso i quali si possono raggiungere alcuni obiettivi e l’uso di cose e persone – persone trasformate in cose – porta a una prospettiva esistenziale desolante, a una gara fine a sé stessa, a una corsa che finisce nel vuoto. Disperazione, depressione, senso di solitudine la fanno da padroni, soprattutto durante i periodi di festa. E’ possibile rendere meno arido e solitario questo viaggio supponendo che ogni vita, anche la nostra, sia legata a un’altra, che le coincidenze non esistano e che ognuno di noi sia il tassello di un puzzle che fa parte di un disegno più grande?
Non bisogna per forza essere una delle principali figure intellettuali del pensiero psicoanalitico mondiale, come Carl Gustav Jung, autore del libro “La sincronicità”, per supporre che nulla succeda per caso e che avvenimenti lontani siano connessi tra loro nello spazio e nel tempo attraverso fili invisibili. Il regista americano Frank Capra, autore di commedie che hanno fatto la storia di Hollywood, la pensava esattamente così. Ogni uomo, anche il più piccolo e insignificante, ha in sé legami e connessioni che possono mutare non solo il suo destino, ma quello degli altri e dell’intera comunità. Se anche per voi il Natale è diventato un periodo di accumulo di ansie e seccature, una formalità da sbrigare per poi passare oltre e continuare la corsa, è arrivata l’ora di rivedere La Vita è Meravigliosa.Inserito dall’American Film Institute nella lista dei migliori film statunitensi di tutti i tempi, il bellissimo lavoro del regista naturalizzato americano uscì nel 1946 ottenendo un successo discreto ma non unanime. Solo in seguito il film sarebbe stato consacrato come capolavoro, conquistando soprattutto il cuore del pubblico. Frank Capra era egli stesso la riprova della rivincita del “little man”, del sogno americano che si realizza trasformando chiunque lo voglia e ne sia degno in una persona importante: sesto di sette figli di un fruttivendolo siciliano, emigrato negli States da bambino, Francesco Rosario Capra scalò il mondo del cinema dalla gavetta. Niente affatto intellettuale, amava anzi definirsi un artigiano il cui scopo era semplicemente quello di divertire ed emozionare il pubblico. Privo di una cifra stilistica riconoscibile nelle inquadrature o nel montaggio, quasi invisibili, i punti di forza di Capra sono la scelta della storia e i suoi protagonisti. La semplicità della vicenda raccontata senza – apparenti – ambizioni intellettuali ha portato a sottovalutare, dal punto di vista della critica almeno, il valore della sua cinematografia, liquidata spesso come melensa e facilmente ottimista.In realtà la vicenda di George Bailey (James Stewart), un uomo che rinuncia ai desideri giovanili di libertà per farsi carico dell’eredità paterna ed aiutare la comunità in cui vive, è immersa in un profondo realismo e le sventure che capitano al nostro protagonista e ai suoi amici e concittadini, hanno ben poco di spensierato. Ogni vera fiaba si ammanta di premesse nere, tanto che troviamo il povero George in procinto di suicidarsi lanciandosi in un fiume gelido, poco prima che qualcosa intervenga per mutare il suo destino. Ne La Vita è Meravigliosa, l’arduo compito è affidato a un anziano angelo dotato del cervello di un coniglio. Ancora privo di ali, Clarence (Henry Travers) dona all’uomo, disperato per i debiti e le responsabilità, la possibilità di vedere come sarebbe il mondo se lui non fosse mai nato.Quando tutto va per il peggio, ed il protagonista, che nei film di Capra è spesso una persona semplice che non brilla per eccezionalità, fortuna o felici natali, accade sempre qualcosa di magico: un angelo che scende – piomba, nel caso di Clarence- dal cielo, un pentimento dell’ultimo istante, un mutamento di animo o pensiero. Insomma, giunge tra gli uomini quella cosa disperatamente desiderata, che ognuno persegue nel segreto dell’ora più buia: la speranza. Più è inverosimile la risoluzione (ed in questo Frank Capra è un mago) e più si avverte la tensione drammatica della storia, perché la speranza è una scelta: poetica, artistica ed umana.Senza la consapevolezza che ogni destino si intreccia con quello degli altri, ognuno resterebbe schiacciato sotto il peso delle avversità e della solitudine. Il successo del best seller americano “Le cinque persone che incontri in cielo” dello scrittore Mitch Albom, si basa proprio sulla stretta connessione tra noi e le altre persone e le conseguenze che ha ogni nostra azione, nel bene e nel male, sull’intero mondo. Il regista Frank Capra amava dire che il senso de La Vita è Meravigliosa, il suo film di Natale più celebre, è proprio che “nessun uomo può essere considerato un fallimento” e che nei momenti più tristi è sempre bene, come vediamo nell’ingenuo e fantascientifico preambolo del film, sollevare la testa verso il cielo, che proprio nel suo momento più buio è ricoperto di stelle.Il celebre bacio che sugella il sentimento represso per anni fra James Steward e Donna Reed (che suscitò la disapprovazione della rigida censura del tempo) è stato inserito tra i più romantici ed emozionanti della storia del cinema.
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