Kill Bill – Volume 2
Regia: Quentin Tarantino; Azione/Arti marziali; USA, 2004
Interpreti: Uma Thurman, David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Sonny Chiba, Vivica A. Fox
Ore 01.30; TV8 Canale 8, durata: 136’.
In Volume 2, Bill appare finalmente in carne e ossa, nel bianco e nero del massacro ai due pini, in una situazione romantica e sinistra ad un tempo, con Beatrix che sta provando la cerimonia e non ha alcun familiare dalla sua parte, poi esce dalla chiesa e nella veranda trova Bill. I loro sguardi si incontrano, e la musica morriconiana li accorda, ne suggella di pathos l’intenso momento sino al punto in cui si parlano, si raccontano il loro sentimento, con Bill che le chiede spiegazioni sul fatto che Beatrix sia scomparsa dalla sua vita e lei, evidentemente ancora innamorata dell’uomo, le confessa di aver scelto una strada diversa per dare un futuro alla bambina in grembo. Bill sembra disposto a comprenderla, a darle generosamente il suo appoggio, a tal punto che l’accompagna in chiesa e si presenta al giovanotto che sta per sposare Beatrix. Bill possiede qualità paterne per Beatrix, e anche questo fa parte del fascino che il loro rapporto esprime. Ma si tratta di virtù ambigue in uno come lui. Manca il sesso in Kill Bill, cioè il desiderio sessuale, sostituito da un’erotizzazione dello scontro, da figure falliche come le spade, che però feriscono o addirittura uccidono, come nella sequenza della folle Go Go che in Volume 1 sventra un suo ammiratore. Il rapporto tra Bill e le sue adepte è piuttosto quello tra padrone e serve, declinato in forme diverse, come tra maestro e discepola, o tra padre e figlia. E a proposito di quest’ultima declinazione del loro rapporto, si tratta in realtà di una relazione che per Bill non tollera varianti e terzi incomodi come ad esempio un possibile marito per la Sposa. La figlia non può emanciparsi dal padre che è anche amante e pappone. Le immagini ci parlano in apertura di Kill Bill 2 di un’atmosfera che ha tutto l’alone del cinema fordiano e romantico a cui Tarantino si ispira per una delle pagine più belle del suo film. Persino il loro avvicinamento, i passi alternati che riprendono l’uno sempre più vicino all’altra, raccontano un confronto tra un dominatore e una ragazza. Dunque, un padrone più che un padre, una personalità complessa a cui David Carradine restituisce nello sguardo il guizzo di romantica follia, come quando sorride al fidanzato di Beatrix fingendo di essere il padre redivivo della Sposa e fingendo di voler restare a pranzo con loro appena le prove della cerimonia saranno concluse. Carradine è talmente bravo a fingersi un violento rimesso alla volontà altrui nella casa del Padre, che se non si sapesse della strage imminente si potrebbe sospettare in una sua qualche conversione alla generosità. Invece la strage fa il suo corso, inesorabilmente. Piuttosto, ci si potrebbe chiedere come mai Beatrix, a cui viene sparato un colpo in testa, rimanga in vita. Ma è la violenza di un folle quella che viene agita contro di lei, che in quanto tale ha sviluppi altrettanto folli, con il furto del nascituro dal grembo, e la permanenza di Beatrix in una clinica alla mercé degli stupratori seriali. Il film ha in serbo delle sorprese, e la più grande sarà il finale in cui Bill svelerà la sua filosofia.
Cosa succede a Beatrix in Volume 2? Succede che questa donna atletica e felina, alla ricerca della bambina perduta e della vendetta, prova una successione di brividi simulando quello che lo spettatore di kung-fu movie percepisce: uccisioni e morti che sono brividi per lei e corpi a corpi come sublimazioni di un sesso negato in quanto atto di piacere. Ci sono donne che si atteggiano a maschi, la cui colpa, alla fine, sembra quella di non essere perfettamente omologate al modello di Bill che le vorrebbe delle supereorine e non delle pallide Clark Kent. L’inizio e la fine di Volume 2 raccontano proprio questo: Beatrix davanti al suo amato e temuto padrone, afferma che a quella vita di violenza adrenalinica avrebbe preferito, almeno per la figlia, la condotta, descritta con le parole di Bill, di “un’ape operaia camuffata che lavora in un negozio di dischi usati di El Paso, che beve birra, mangia hamburger”. Il risentito Bill è pronto a sottolineare come quella vita ordinaria, tra le altre cose, le fornirà un “culo smisurato”. Il rifugio nel ruolo tradizionale di madre in cui Beatrix vuole ritrovarsi non piace a Bill e Volume 2 ci racconta la violenza che Beatrix rivendica per liberarsi da chi la vuole solo una pedina nelle mani del potere maschile. Una violenza che è sublimazione dell’erotismo e da cui Beatrix sogna di ritirarsi molto presto. Un pretesto motivazionale che sprona la narrazione di Volume 2, dove il confronto tra Beatrix e i vari personaggi conferma come la protagonista sia davvero oggetto d’amore di Bill, il quale a suo modo le porta anche rispetto e alla quale dedica l’apologo finale: nel paragonarla a Superman, la sola donna della sua scuderia degna di un simile confronto, Bill vorrebbe che lei rinunciasse a Clark Kent, cioè al suo doppio timorato, affinché lei restasse una paladina di violenta bellezza. Ma dietro questa esaltazione c’è il miraggio del potere, espresso in tutte le forme più bizzarre e striscianti, a cui Beatrix non vuole più stare, anche se è bravissima nel suo ruolo di combattente.
Uma Thurman in gran forma, in abito bianco da sposa, è salutata con un romantico “Ciao bimba” da Bill, mentre lui suona il flauto e la vorrebbe ancora a sé: gli oggetti fallici si rincorrono, come la katana che Bill accarezzava in Volume 1, o le spade, la pila, lo spray e il pugno che libererà Beatrix dalla bara di legno in cui sarà sepolta viva da Budd, il fratello minore e ubriacone di Bill. La violenza è squadernata da Beatrix al suono di colpi che esprimono la rottura delle catene in cui viene di volta in volta imprigionata da individui che sono icone sempre più sbiadite o deformate del potere maschile. Lo stesso Bill finge di riconciliarsi a lei nella sequenza in bianco e nero. Il colore ritorna quando Bill fa visita a Budd nella roulotte in Arizona dove vive il fratello, personaggio dalla mascolinità compromessa che dice a Bill di aver ceduto in pegno la sua spada di Hanzō e che si trova, da temibile membro dell’organizzazione di Bill, come buttafuori umiliato e deriso di un locale texano di streap tease. Nel ruolo di Budd, Tarantino sceglie uno dei suoi attori feticcio, quel Michael Madsen che conosciamo sin da Le iene e che ritroveremo in The Hateful eight. Budd vive in una roulotte in mezzo al deserto ed è un uomo costretto a difendersi, un disperato che ha consapevolezza del fallimento e mostra di conoscere la gravità della sua condizione e dei suoi gesti: “Lei merita di vendicarsi, noi meritiamo di morire”. Budd è un’immagine perfetta per introdurre all’iconografia dello spaghetti-western che in Volume 2 è presente nel paesaggio e nelle soluzioni figurative, oltre ai temi musicali che paiono presi a prestito da Ennio Morricone, Riz Ortolani e Bruno Nicolai. Ambienti rocciosi e desolati, canyons e lande mestamente disabitate, sono l’habitat di uno spaghetti-western coniugato in stile hard-boiled con omaggi sottolineati a Sergio Leone, Lee Van Cleef, Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Nuccio Tessari e Charles Bronson. Scena aperta anche in questo caso alle contaminazioni che in Volume 2 guardano più alla Cina del kung fu che al Giappone, esaltata nella coreografia di Yuen Woo-Ping che rappresenta la tecnica del “wire fu” già espressa in Matrix o ne La tigre e il dragone.
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