Oggi, 9 febbraio, Little Tony avrebbe compiuto ottant’anni. Il celebre cantante sammarinese (la sua famiglia, da parte di padre, era della Repubblica di San Marino da sette generazioni), pioniere del rock ‘n’ roll in Italia insieme ad Adriano Celentano, era nato infatti il 9 febbraio del 1941, a Tivoli. Ci ha lasciati prematuramente nel maggio del 2013, ma l’affetto del suo pubblico è sempre vivo.
Little Tony, nome d’arte di Antonio Ciacci, è stato senz’altro il cantante italiano che, anche negli atteggiamenti e nel look sempre studiatissimo fin nei minimi particolari, ha incarnato l’essenza del rock in Italia. Dai precoci esordi a metà degli anni Cinquanta insieme ai fratelli Alberto ed Enrico (Little Tony and his Brothers) alla breve ma utile esperienza come ospite musicale fisso alla televisione inglese tra il 1959 e il 1960, dal debutto sanremese con 24 mila baci nel 1961 in coppia con Celentano ai grandi successi italiani dell’epoca d’oro degli anni Sessanta (Cuore matto, Riderà, La spada nel cuore, per citare solo alcuni dei suoi cavalli di battaglia), dai costumi eccentrici con i quali negli anni Settanta volle riproporre l’iconografia kitsch dell’ultimo Elvis alla carriera televisiva nelle reti Fininvest di Berlusconi, dalle gare canore alle migliaia di concerti nelle piazze di tutta Italia, per arrivare alle ultimissime apparizioni pubbliche pochi mesi prima di morire, Little Tony è sempre stato fedele a se stesso e per tutta la sua lunga carriera durata oltre mezzo secolo ha fatto del rock ‘n’ roll la propria bandiera. Nonostante provenisse da una famiglia di bravi musicisti, se non fosse stato per i primi dischi di rock ‘n’ roll giunti dall’America e per i versi nonsense della scatenatissima Tutti Frutti di Little Richard, probabilmente non sarebbe mai diventato un cantante di professione. Magari si sarebbe occupato di motori, l’altra sua grande passione.
Ma ricordiamoci che Little Tony è stato anche un bravo attore. Certo, la sua non è stata una presenza costante e fondamentale nel panorama cinematografico italiano, ma ogni volta che ha recitato sul grande schermo lo ha fatto con notevole padronanza e disinvoltura.
All’inizio degli anni Sessanta prese parte a pellicole musicali come I Teddy Boys della canzone di Domenico Paolella (1960), Canzoni a tempo di twist di Stefano Canzio (1962), Urlo contro melodia nel Cantagiro 1963 di Arturo Gemmiti (1963), tutti film corali, nel senso che Tony divideva la scena con altri cantanti dell’epoca. Poi, a metà del decennio, con il film Un gangster venuto da Brooklyn diretto da Emimmo Salvi (1966), ebbe il suo primo ruolo da protagonista. La cosa singolare è che a un certo punto la sgangherata produzione, che vedeva coinvolti lo sceneggiatore Raniero Di Giovanbattista e due società di nome C. C. Astro e Cine Radi, chiese a Tony un contributo economico per poter continuare le riprese e portare a termine il film. Lui, un po’ perplesso, acconsentì. Oltre a non percepire un soldo, dovette rimetterci di tasca propria ma non fu affatto un’intuizione sbagliata, perché quel suo primo ruolo di protagonista lo lanciò anche nel cinema e per tutti gli anni Sessanta divenne uno dei più amati volti dei cosiddetti “musicarelli”. Si trattò di un genere che coinvolse molti dei cantanti in voga a quel tempo: Al Bano, Gianni Morandi, Rita Pavone, Bobby Solo, Tony Renis. Ogni trama era costruita su alcune delle canzoni di maggior successo del protagonista in quel momento e in ogni film c’era un brano portante, che spesso dava il titolo alla pellicola. Ma gli interpreti, lo dobbiamo dire, quasi mai erano all’altezza di recitare in un film e apparivano decisamente impacciati. Quelle storie si reggevano soprattutto sulla presenza di grandi caratteristi del cinema italiano che, con la loro verve e professionalità, tenevano in piedi l’esile trama: pensiamo al grande Mario Carotenuto, a Pietro De Vico, Franco e Ciccio, Raimondo Vianello, Ferruccio Amendola, Renzo Montagnani. A onor del vero, però, va detto che Little Tony fu uno dei pochi che se la cavava egregiamente davanti alla macchina da presa e non rischiava di sfigurare accanto ai grandi attori che abbiamo menzionato. Tra i musicarelli interpretati da Little Tony ricordiamo almeno Peggio per me… meglio per te di Bruno Corbucci (1967), Cuore matto… matto da legare di Mario Amendola (1967), Donne, botte e bersaglieri (1968) e Vacanze sulla Costa Smeralda (1968) diretti da Ruggero Deodato. Nel libro che noi abbiamo dedicato alla vita e alla carriera di Little Tony, Grande Tony. Little Tony, storia matta di un cuore rock, edito da Arcana, il regista Deodato ha detto: “Little Tony non aveva nessuna formazione come attore ma era talmente sicuro di sé… e poi lui non recitava, era semplicemente Tony, il Grande Tony”.
Dopo l’era dei musicarelli, che nonostante il disprezzo della critica avevano incassato somme considerevoli al botteghino, Little Tony è tornato solo sporadicamente al cinema. A parte apparizioni di scarso rilievo, come nei film Cuando calienta el sol… vamos alla playa di Mino Guerrini (1982) e Sapore di mare 2 – Un anno dopo di Bruno Cortini (1983), è degno di nota il film di Claudio Caligari L’odore della notte (1998), con Valerio Mastandrea, liberamente tratto dal romanzo Le notti di Arancia Meccanica di Dido Sacchettoni, dove Tony è costretto con la forza da un gruppo di rapinatori della periferia romana a intonare Cuore matto. Gli dice, in romanesco, il personaggio interpretato da Marco Giallini: «Ah Tony, non ci siamo capiti. Mi devi fare anche il basso. Ah Tony, non mi deludere! Vai Tony! Du du du du du du du du…». E’ un ruolo drammatico, l’unico della sua carriera. Il cantante ha avuto addirittura una candidatura al Nastro d’Argento per il miglior attore non protagonista, senza però aggiudicarsi il riconoscimento. Forse, se altri registi avessero saputo valorizzarlo al meglio, Little Tony avrebbe potuto fare tante altre belle cose in qualità d’attore.
Due anni dopo l’uscita del film di Caligari, Little Tony ha preso parte assieme a Mario Merola a un film di Roberta Torre, Sud Side Story (2000), opera decisamente singolare, fuori dagli schemi, che all’epoca non fu capita. Si tratta di una rivisitazione musicale e palermitana di Romeo e Giulietta, ambientata ai giorni nostri nel capoluogo siciliano. I ruoli sono invertiti. C’è Toni Giulietto, uno sgangherato cantante di piazza il cui idolo è Little Tony, e c’è Romea, una ragazza nigeriana appena giunta dall’Africa e avviata alla prostituzione. Little Tony appare ripetutamente a Giulietto per dargli preziosi consigli su come conquistare la ragazza. Mario Merola invece, nel ruolo di Re Vulcano, è il simbolo della tradizione musicale melodica. La sequenza cult del film è proprio quella del duello canoro tra i due artisti. Il carismatico Merola emerge da un cratere e, circondato dai suoi seguaci (i “merolini”), canta Carcerato, la canzone che aveva dato il titolo anche a un celebre film diretto da Alfonso Brescia nel 1981 con lo stesso Merola come protagonista. Little Tony invece, vestito alla Elvis, con tanto di mantello e il ciuffo ossigenato, si scatena in una versione rivisitata di uno dei suoi brani di successo: Il ragazzo col ciuffo. E’ una sequenza memorabile, divertentissima, e come ha raccontato la regista, la querelle tra i due cantanti continuava scherzosamente anche fuori dal set.
Ricordando la lavorazione di Sud Side Story e il bel rapporto instaurato da subito con Little Tony, Roberta Torre ha espresso un giudizio che conferma quello che abbiamo detto all’inizio, e cioè che ci troviamo di fronte a un personaggio che, con la sua instancabile passione per il rock ‘n’ roll, ha avuto il merito di essere sempre stato fedele a se stesso, in ogni contesto e senza curarsi delle mode. “Il ricordo che ho di Little Tony”, ha detto la Torre a distanza di tempo, “è di un uomo profondamente coerente, coerente a un percorso artistico che lui ha intrapreso e ha portato avanti per tutta la sua vita, consapevole anche dei limiti, della ‘prigione’ che questa cosa comportava. Altri probabilmente avrebbero scelto di cambiare nel corso del proprio cammino artistico. Lui ha scelto sempre di rimanere identico a se stesso… una coerenza in tutto e per tutto”.
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