Lady Bird
Regia: Greta Gerwig; Drammatico/Indipendente; USA, 2017
Interpreti: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet
Ore 21,10; La5 Canale 30; durata: 93’
Un’opera solo apparentemente piccola, in realtà esito espressivo di una certa finezza, in grado di porsi come film emblematico e non retorico sulla vita, le aspirazioni, le difficoltà e il mondo emotivo di un’adolescente che dalla provincia sogna una vita che possa farne una protagonista e non una vittima del suo ambiente. Christine deve ascoltare sua madre, una signora dimessa e pessimista, che la vorrebbe “la migliore versione di se stessa”, ma in questo monito è celato il segreto della sua rivendicazione, di quel tentativo di smarcarsi che caratterizzerà il suo slancio vitale. Con “Lady Bird”, Greta Gerwig, attrice alla sua prima regia, rievoca la sua vita di giovane studentessa e aspirante attrice nella capitale oscurata della California, quella Sacramento da cui progettare un futuro non allineato, il salto verso un mondo fatto di college e di studio, di impegni verso un altrove che avrà il carattere della sfida e della rivalsa. Christine si fa chiamare Lady Bird e sceglie di obbedire al suo istinto, alle sue inclinazioni, perché le stanno strette le convenzioni e le privazioni che le vengono prospettate. Questo partito preso, sinonimo di naturalezza ma anche di carattere, stride con l’ambiente della sua anonima città, che obbliga a rinunce e compromessi, a non assecondare le aspirazioni di chi, come lei, sogna la verve culturale della East Coast. Nel film, mirabilmente ritmato da una regia che dosa gli elementi senza diventare mai programmatica, si fa strada la vicenda umana ed emotiva di questa ragazza che si mostra genuinamente sintonizzata con una dimensione culturale geograficamente lontana ma stimolante, che affronta gli amori assecondata dai toni lievi della regista capace di scandirli utilizzando anche tocchi di musical per offrire gli alti e bassi della sua giovane alter ego. In un’ora e trentuno minuti di un racconto garbato e denso, divertito e irriverente, accade moltissimo, e l’aspetto del piccolo film indie è in qualche modo sublimato dalla fitta intelaiatura di situazioni vissute dalla protagonista, una Saoirse Ronan che con il suo sguardo acquoso rende benissimo la presenza vibrante di un personaggio che mostra di vivere e di esserci in ogni attimo, palesando desiderio di appartenenza ma anche di smarcarsi dalle abitudini, a cominciare da quelle che le vengono imposte in casa, e di guardare in avanti, facendosi strada anche a spallate e con modi non sempre ortodossi. Il ritratto della provincia prende il via da una situazione di viaggio che diverrà presto un progetto di fuga: Christine, con la mamma, percorre la strada in auto da Sacramento al college, ascoltando l’audiolibro di ‘Furore’ di Steinbeck; la traiettoria culturale del film è sin da subito tracciata, e nel corso del racconto la ragazza vivrà la palpabile difficoltà fatta di ristrettezza economica e disillusione della vita in famiglia a Sacramento, secondo un canone narrativo intimo ma privo di retorica, in cui le sfuriate e le intemperanze della ragazza, che rischia di sembrare antipatica e ingiusta principalmente con la madre – un’infermiera ossessionata dalla difficoltà a sbarcare il lunario – sono nel film uno degli elementi più gustosi, capaci di comunicare quel sentimento del vero che di solito latita nei teenage movie a cui si vuole affiancare un po’ troppo forzatamente anche “Lady Bird”.
Film che vibra di sottotesti preziosi, di situazioni che repentinamente o con placida naturalezza accarezzano la vita di Christine e delle sue amiche, da quella del cuore – che la protagonista abbandona in maniera un po’ spietata per poi ritrovare – alla ricca di turno che si cerca di avvicinare per poter partecipare con lei a nuovi riti e a nuovi palcoscenici. Nella ricerca di uno sguardo che non sia schematico, e che offre alla sua eroina tutta la dignità necessaria, Gerwig affonda in più punti il colpo e regala un film fatto di momenti intensi cadenzati con gusto e pungente partecipazione. Christine impara, anche con l’esperienza scolastica e il teatro, la sua strada verso un’emancipazione che dovrà però fare i conti con la realtà della situazione in famiglia (l’appoggio viene soprattutto dal padre, anch’egli costretto, in era di precarietà economica, a rimettersi in gioco e a cercar lavoro). La società liquida è tutta presente nello scenario descritto con partecipazione, affetto, ironia e disincanto da Gerwig, capace, in un finale limpido e simbolico, di raccontarci che qualcosa è cambiato nella vita di Chistine: quando, pur in disaccordo con la madre a cui aveva mentito, finalmente partirà per la tanto agognata università, la sua immagine al voltante al posto della madre – entrambe a percorrere le vie di Sacramento – diverrà esatta descrizione di un sentimento di solitudine ma anche di una possibile maturazione. La lontananza, esito di una scelta culturale coraggiosa e necessaria (andare all’università, e scegliere una sede non infima), che rappresenta una sfida ma anche una manifestazione d’orgoglio, una rivendicazione che un giorno forse anche sua mamma saprà apprezzare. Un film che pare un toccasana culturale per i giovani ma non solo, assolutamente da rivedere e calato con sobria leggerezza nei disorientamenti salutari di questa adolescente che sceglie e decide con coraggio. A dispetto di cerca critica, che tende a liquidare alcuni film marcandone soltanto i limiti, “Lady Bird” è un racconto intenso travestito a tratti da operina lieve, capace, come succedeva un tempo, di regalare perle o messaggi, come nella descrizione dell’amore fatto a Christine dalla suora della scuola: “amore e attenzione, sono la stessa cosa”. L’attenzione per la vita, le aspirazioni, i sogni e l’emotività della sua protagonista sono per Greta Gerwig innanzitutto un gesto d’amore, che si esprime con un film intelligente che arriva al cuore.
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