Eyes Wide Shut
Regia: Stanley Kubrick; Mistero/Drammatico; USA, Gran Bretagna, 1999
Interpreti: Tom Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Leelee Sobieski, Rade Serbedzija
Ore 21.00, IRIS, Canale 22; durata: 159’
“Sai qual è il vantaggio del matrimonio? Che rende indispensabile l’inganno per entrambi i partner”. Questa frase, pronunciata dal misterioso seduttore ungherese ad Alice durante la prima festa – nelle movenze di un ballo lento e vorticoso in cui Kubrick sembra omaggiare i movimenti della macchina da presa di Max Ophüls – esprime con chiara sintesi il pensiero di un autore che indica nella menzogna e nel paradosso il fulcro della vita civilizzata, tanto che Eyes Wide Shut potrebbe benissimo intitolarsi, per un’assonanza che ci riporta all’avvio di 2001: Odissea nello spazio, “il tramonto dell’uomo”. Pare allora naturale che non si possa parlare, in Eyes Wide Shut, di inganno e trasparenza come due ambiti facilmente distinguibili. La vita sociale, che nel settecento di Barry Lyndon era una parata, una rappresentazione modulata su conflitti e inganni, si ripresenta sul finire del ‘900 come una dimensione ben altrimenti infingarda. Con il suo ultimo film, il regista de Il bacio dell’assassino, ricreando una New York che omaggia anche i suoi esordi espressivi e chi si diletta di citazioni allusive al senso di un’Odissa del personaggio che continua (la scritta Bowman, cognome dell’astronauta del celebre film del 1968, che compare sul muro di un palazzo nella città notturna attraversata da Bill), traccia un’ideale circolarità tra i film, mentre ribadisce come molti sono i livelli della visione. Reale, immaginario, invisibile, si addensano nelle immagini multiculturali, polimorfe e stratificate Eyes Wide Shut, dove le tinte coprono l’intera gamma dello spettro: il caldo arancio nella casa degli Hardford, il bianco asettico dello studio medico, il potente rosso nella villa dell’orgia. Sin da qui, dai suoi aspetti sensibilmente evocativi, l’adattamento di Schnitzler è una trasfigurazione inventiva, e attraverso un’analisi dei colori si può osservare come le corrispondenze colore-patema a cui Kubrick lavora sono solo uno degli aspetti di un film ideato come “medio-conscio visivo”, racconto onirico che ingloba al suo interno altri sogni ed inserti immaginari, in un confronto con il perturbante e con la morte che rinnova gli enigmi di uno dei grandi rabdomanti della visione.
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